22.05.2025
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Politics

Alessandro Giuli, la militanza da ragazzo e la carriera tra carta stampata e tv


IL PERSONAGGIO

ROMA Ci era arrivato vicino, un soffio, due anni fa. Giorgia Meloni lancia Alessandro Giuli: rivoluzione gentile al Collegio Romano. Di un soffio la nomina a ministro era saltata: la scelta cadde su un’altra penna della cultura di destra, Gennaro Sangiuliano, direttore Tg2, uomo d’area ma non di partito. Ora invece è il suo momento. E un po’ trattiene l’emozione, il giornalista classe ’75, presidente del Maxxi, una carriera tra carta e tv alle spalle, mentre giura davanti a Sergio Mattarella e lo sguardo stanco della premier al Quirinale. Perché il tempismo non è dei più felici. Fino all’ultimo ha negato di essere lui in pole position per sostituire il ministro nella bufera del Boccia-gate. Rifilando ai colleghi giornalisti assiepati di fronte al ministero, dove è stato avvistato tre volte negli ultimi giorni, nient’altro che roboanti dichiarazioni di sincera solidarietà all’amico Sangiuliano. Ribadita in privato, nelle ore più buie: «Devi resistere, non hai fatto niente di male».

IL CAMBIO

La staffetta invece era nell’aria. Perché Giuli, se ne è convinta Meloni nella girandola di caminetti e telefonate di questi giorni, anche con lui, ha l’identikit giusto per risollevare il ministero dal caos politico e mediatico in cui è precipitato. Missione numero uno: salvare il G7 Cultura. Due settimane e si va in scena: a Napoli, dal 19 al 21 settembre, la tappa a Pompei, città natale della consigliera-fatale, potrebbe saltare. Ci tiene Sergio Mattarella che nelle ore di indecisione a Palazzo Chigi ha fatto recapitare un messaggio in bottiglia: salvare il vertice internazionale, sottrarlo alla canea di questi giorni. Per il resto, agli amici Giuli giura: «Continuità con Gennaro, che ha fatto un grande lavoro». E dunque la missione va avanti come Meloni dixit ieri sera: consolidare «la discontinuità rispetto al passato che gli italiani ci hanno chiesto e abbiamo avviato dal nostro insediamento ad oggi». E sia. Ma la discontinuità sarà anche e anzitutto del ministro. Assai diverso, per indole e storia, da Sangiuliano. Dove cominciare? Uomo di destra, si diceva. Destra militante, da adolescente, perfino una tentazione extraparlamentare: inizia nel Fronte della Gioventù a 14 anni, poi al fianco di Pino Rauti e a Meridiano Zero. Dura poco però la militanza. Braccia tese e nostalgismi non fanno al caso suo. La battaglia continua ma su un altro campo: la cultura, la sfida all’egemonia della sinistra che vuol dire anche lottizzazione, ostracismo dei “rivali”. Studi universitari in filosofia a La Sapienza – ma non prende la laurea – poi la carriera giornalistica. Che al Foglio inizia con un colloquio di tre secondi – «Sei berlusconiano?», gli chiede Giuliano Ferrara, «No!», «Preso!» – e arriva fino alla vicedirezione. Editorialista di Libero, direttore di Tempi, rivista vicina a Comunione e Liberazione, programmi tv in Rai (non tutti fortunatissimi: Seconda linea, su Rai 2, chiude dopo poche puntate), due anni fa l’approdo al Maxxi, tra le massime istituzioni culturali del Paese. Pacato, tono garbato, citazioni colte, pure la barba è colta e curata, Giuli piace a chi piace e ha amicizie trasversali.

IL TRASVERSALISMO

È un uomo d’area, certo, con Meloni c’è un’amicizia risalente, franca e schiettissima, e però rifugge etichette e tessere. Se la sinistra del melonismo avesse un volto, sarebbe il suo. Trovatelo un altro che si appassiona di Gramsci, cita Gramsci, scrive libri su Gramsci in cui sostiene che destra e sinistra – come diceva Palmiro Togliatti, sic! – dovrebbero estromettere «i rispettivi pagliacci dal campo della lotta». È amico di Elly Schlein, non dispiace al Colle, fosse in America a novembre voterebbe Kamala Harris e tanti saluti a Trump. È convinto che l’egemonia culturale di sinistra non si smantelli a suon di repulisti e spoil system, ma da «dentro la società». E può suonare eretico in una destra che ha visto nella sostituzione, nelle nomine e nel cambio della guardia in questi due anni un’occasione di rivincita dopo anni di impaziente attesa, senza però andare oltre ed è questo un pensiero che è molto presente nei ragionamenti della premier e dei suoi fedelissimi nelle ultime ore. Trova un Collegio Romano scosso, avvilito dal can can di questi giorni, Alessandro Giuli. Un ministero attenzionato – eufemismo – da Palazzo Chigi dove la vicenda Sangiuliano non ha fatto che rinverdire i soliti sospetti: in quei corridoi, che furono il regno di Franceschini e dell’egemonia targata Pd, ci sono forze occulte – la vecchia guardia – che ancora dettano legge, muovono le pedine. Che Boccia sia una di queste? Chissà. Il neo-ministro avrà altro a cui pensare. Fra dieci giorni da Napoli e forse anche Pompei, dove tutto è iniziato, la cultura targata Meloni può avere una nuova ripartenza.

Fr. Bech.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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