13.06.2025
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Politics

Affluenza referendum, il quorum è ormai un miraggio. I costituzionalisti: va ripensato


L’affluenza ferma al palo del 30 per cento, il quorum che resta un miraggio, e una domanda che torna a bussare, insistente, alla porta della politica: lo strumento del referendum abrogativo è in crisi?

Se la risposta è sì – come hanno ammesso molti sia a destra che a sinistra – quel che è certo è che non lo è da ieri. Prima delle consultazioni sulla cittadinanza e sul lavoro, altri nove referendum — su un totale di diciannove — non hanno superato lo scoglio del 50%+1 degli aventi diritto, il requisito necessario per sancire la validità del voto. L’ultimo casodi “successo” risale ormai al 2011, quando oltre il 90% di italiani votò a favore delle norme che abrogavano la privatizzazione dell’acqua e impedivano il ritorno del nucleare nel paese. Accertato lo “stato di malattia” del referendum, non è facile individuare una cura che metta d’accordo tutti.

LE FIRME

Dalle parti del centrodestra, ad esempio, si punta dritto al requisito delle firme. Per il leader di Forza Italia, Antonio Tajani, ne servirebbero di più anche a fronte dei costi di cui lo Stato deve farsi carico: «Abbiamo speso tantissimi soldi, per esempio, per portare centinaia di migliaia, milioni di schede per gli italiani all’estero che sono tornate bianche», ha commentato al tg1. La modifica, secondo alcuni, sarebbe necessaria anche a fronte dell’introduzione della piattaforma per le raccolte di firme online che, con procedure più snelle, rischia di portare dritto all’«abuso referendario».

Nessun dossier aperto ufficialmente sul tavolo del centrodestra, ma una proposta, quella di Noi moderati, che presto verrà presentata in Parlamento e punterà — sostiene Maurizio Lupi — ad aumentare fino a un milione le firme necessarie. Secondo altre voci, sempre nel centrodestra, bisognerebbe intervenire sui contenuti dei quesiti. Il ragionamento che ritorna fuor di taccuino è il seguente: la raccolta firme su temi palesemente inammissibili rischia di depotenziare la partecipazione; quindi, serve un vaglio preventivo. Nel fronte politico opposto, al contrario, questo delle firme sembra essere un falso problema. Lo è ad esempio per il segretario di Più Europa, Riccardo Magi, che respinge la narrazione per cui, dall’introduzione delle firme online ci sia stata una «pioggia di referendum»: «Ce lo devono dimostrare, anche perché votare online non è come mettere un like e richiede, comunque, di identificarsi tramite Spid». Da qui il rilancio: «Proporremo alle forze politiche in Parlamento, a partire da quelle che si sono pronunciate per il sì di sostenere una riforma costituzionale che elimini questo quorum che rappresenta un vulnus», annuncia Magi. Depositata in Parlamento c’è anche una proposta, a prima firma del dem Dario Parrini che punta a ridurre il quorum alla metà dei votanti alle ultime elezioni politiche portando, solo in questa circostanza, il numero delle firme richieste a 800mila.

GLI ESPERTI

Quella del “quorum mobile” sembra essere anche la strada prediletta dai costituzionalisti.

Per Stefano Ceccanti, ad esempio, bisognerebbe depurare la partecipazione dall’«astensionismo strutturale». Un buon indicatore, dunque, potrebbe essere quello del 50%+1 degli elettori votanti alle ultime elezioni delle Camere e non del corpo elettorale totale. Un aspetto simile a quello incluso nella riforma costituzionale del 2016 che prevedeva l’abbassamento del quorum con riferimento al dato delle politiche, solo se il referendum abrogativo fosse stato richiesto da 800mila elettori: «Meglio sarebbe -ragiona Ceccanti — alzare per tutti la soglia a 800mila firme e stabilire un quorum unico, più basso». Della stessa idea anche il costituzionalista Alfonso Celotto, per il quale pure «la cosa più saggia per un quorum ragionevole» è utilizzare il dato del «metà più uno delle ultime Politiche». Quanto al nodo firme, una strada percorribile — secondo il professore — potrebbe essere quella di fissare una soglia massima di firme raccoglibili online. Quorum e firme: il rimedio per i mali del referendum sembra passare da qui, e da una modifica costituzionale che richiederà un consenso ampio e il coinvolgimento delle opposizioni. Difficile da realizzare arrivati a metà legislatura. Per ora, però, appuntamento al prossimo referendum abrogativo.

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