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Affitti brevi, scontro Forza Italia-Lega: Tajani non cede sulla cedolare. Ma Salvini prevede: «La norma salterà»


«Ora, almeno, sappiamo che la norma sugli affitti brevi ha un padre», sospira un deputato azzurro in Transatlantico, al termine del question time nel quale Giancarlo Giorgetti ha rivendicato la modifica della disciplina fiscale del settore: queste locazioni «aumentano la difficoltà di trovare alloggi», afferma il ministro. La versione bollinata della manovra arriva mentre sono in corso le comunicazioni di Giorgia Meloni al Senato, rimescolando le carte di una partita che sembrava già pronta a chiudersi: no all’aumento generalizzato della cedolare secca dal 21 al 26% sul primo immobile — l’ipotesi circolata in questi giorni — ma la previsione che questo rialzo si applichi solo a chi si affida a intermediari o a portali telematici (come Airbnb e Booking). L’aliquota al 21% resterebbe solo per chi li gestisce in modo autonomo. Una soluzione di compromesso che, da un lato, ha disatteso le previsioni di chi sperava che la norma non trovasse conferma fuori dalle bozze (complice il tentativo di tutti i partiti della maggioranza di svincolarsi dalla primogenitura), dall’altro ha ridotto gli spiragli di un possibile accordo politico dopo le aperture filtrate da Palazzo Chigi («Non è una norma irrinunciabile») e il faccia a faccia di mercoledì tra il ministro dell’Economia e Antonio Tajani.

«Un primo risultato», lo avrebbe definito il vicepremier — ieri a Londra per l’inaugurazione di Casa Italia — ma che non basta: «Vogliamo che tutto resti com’è», la posizione condivisa dal titolare della Farnesina con i fedelissimi. È Roberto Rosso, il responsabile Casa di Forza Italia, ad anticipare le prossime mosse: «Presenteremo un emendamento in Senato, confidando che la maggioranza comprenda l’importanza di questa istanza», spiega il senatore azzurro, dell’idea che sugli affitti brevi sia necessario rimettere indietro le lancette: nessun aggravio per chi affitta un’abitazione, anche tramite intermediari immobiliari e piattaforme telematiche. La convinzione dei forzisti, infatti, è che a fronte di un gettito di 102,4 milioni ricavabile dalla norma, non siano state messe in conto altre voci: la possibile riduzione di posti di lavoro per chi lavora in quest’ambito, e soprattutto il rischio di un aumento del nero che si ripercuoterebbe comunque sulle casse dello Stato. Un battaglia che FI si prepara a combattere, ma di cui Matteo Salvini azzarda già l’epilogo: «La norma verrà cancellata in Parlamento», assicura il ministro dando man forte, su questo punto, alle richieste degli alleati. Maggiore cautela sulle sorti della misura arriva dal partito della premier, ancora ieri intento a mediare: «Una soluzione in Parlamento si troverà», ha garantito il responsabile del dipartimento Turismo, Gianluca Caramanna, rimarcando che «Fratelli d’Italia ha sempre fatto scelte improntate alla chiarezza ed orientate a regolamentare ma non limitare gli affitti brevi».

I TIMORI DEL SETTORE

Le rassicurazioni non bastano a stemperare le preoccupazioni del settore: capofila Airbnb — che ricorda i benefici dell’hosting online, come i 100 milioni di euro di imposta di soggiorno versati — e poi Confedilizia («la norma va eliminata») e l’Unione dei Consumatori («misura che presenta profili di incostituzionalità»). Un malcontento che potrebbe trovare come cassa di risonanza quella degli Stati generali della Casa di Forza Italia, in programma sabato a Torino. Da Palazzo Chigi, dove l’obiettivo è di evitare che montino nuove tensioni, non si fanno preclusioni a modifiche. Che ci saranno — è certo ormai — in Parlamento, anche se resta da capire il “come”.

 


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