IL PROVVEDIMENTO
ROMA Il testo ormai è alle limature finali. Il governo cambia il decreto-flussi. Riscrive la Bossi-Fini, legge quadro sull’immigrazione da sempre ritenuta totem intoccabile a destra. Appuntamento domattina a Palazzo Chigi. Sindacati, imprese, associazioni di categoria: tutti convocati, in una maratona di confronti e negoziati, per discutere le nuove norme sull’ingresso di migranti-lavoratori regolari in Italia pronte al varo del Consiglio dei ministri.
Quote regionali, controlli aumentati sulle aziende “fake”e la criminalità organizzata, abolizione del Click day nazionale. È una piccola, grande rivoluzione. Parte da lontano. A inizio giugno la denuncia pubblica della premier Giorgia Meloni, un esposto alla Direzione nazionale antimafia e un allarme chiaro: l’attuale sistema del decreto flussi, che permette ogni anno a centinaia di migliaia di migranti di entrare in Italia con un permesso di lavoro temporaneo, presenta gravi falle. Falle che sfrutta la criminalità organizzata, truffando lo Stato e lucrando sulla forza lavoro dei migranti costretti a prestare servizio ai caporali, sfruttati o allontanati nell’anonimato con documenti falsi dietro il pagamento di ingenti somme di denaro. Dall’esposto sono partite le indagini della magistratura che hanno confermato tutte le criticità del sistema in vigore.
Ora il ritocco del governo con un aggiornamento della normativa. Di cosa si tratta? La grande novità, si diceva, passa dall’abolizione del Click day nazionale. Ovvero la piattaforma che ogni anno — ma questo governo ha reso il decreto flussi triennale — permette alle aziende di mettersi in fila e “prenotare” una quota di migranti-lavoratori a cui far firmare un contratto a tempo determinato. Un marchingegno, così denunciano in coro le associazioni di categoria convocate a Palazzo Chigi, che ha da tempo mostrato gravi limiti. Lo pensano anche gli inquirenti convinti che il sistema abbia favorito negli anni il business della criminalità organizzata e presentato serie anomalie.
LE FALLE NEL SISTEMA
Ad esempio, province o anche piccole città con picchi inspiegabili di richieste. O ancora aziende apri-chiudi che nascono per “cliccare” e prenotare i lavoratori ma non hanno né dipendenti né fatturato. Un fenomeno simile a quello registrato nei mesi del boom del Superbonus edilizio, con continui alert su imprese sospette decise a incassare i crediti. Su tutto questo si interverrà in due direzioni. Da un lato la regionalizzazione delle quote: ogni Regione avrà una quota massima di migranti da far lavorare nelle proprie aziende, calcolata fra l’altro sulla base della popolazione residente. Dall’altro lato è in arrivo una stretta sui controlli per verificare la solidità e credibilità delle imprese registrate. Si farà con un doppio screening e regole più ferree: nessun migrante potrà trasferirsi in Italia senza avere già in tasca alla partenza un contratto di lavoro firmato, autentico. Un’accortezza per limitare il fenomeno diffuso di imprese che assumono con contratti falsi e poi, dietro una tangente pagata alla criminalità organizzata, permettono ai presunti migranti “legali” di darsi alla macchia e far perdere le proprie tracce.
Non è chiaro invece se sarà stabilito, nel nuovo provvedimento, un numero massimo di ingressi stagionali. L’ultimo decreto flussi prevedeva una quota record di ingressi per il triennio 2023-2025: 452mila. Anche se alcune associazioni di settore stimano un fabbisogno maggiore delle imprese italiane: per Unioncamere da qui al 2028 saranno necessari 640mila lavoratori immigrati per sostenere il sistema produttivo italiano. Intanto il governo apre al confronto. Domani un primo slot dell’incontro — a cui presenzierà il sottosegretario Alfredo Mantovano,Giorgia Meloni e Matteo Piantedosi saranno in missione rispettivamente a New York e in Calabria — sarà dedicato ai sindacati: Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Usb. Poi sarà il turno delle imprese associate: Ance, Coldiretti, Confagricoltura, Confartigianato, Confcommercio e via dicendo. La stretta normativa è ormai agli sgoccioli e pronta al via libera del Cdm. Un segnale politico di Meloni che ha rimesso al centro in questa fase il dossier immigrazione. Con il giro di vite sul decreto flussi ma anche, sul fronte dell’immigrazione illegale, con l’inaugurazione attesa nelle prossime settimane dei centri di riconoscimento per migranti costruiti in Albania.
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