Il novantesimo minuto, con la sua implacabile tagliola, in campo non c’è più. Le partite di calcio scadevano tutte proprio in quell’istante preciso della domenica, ma adesso si allungano in recuperi che sfiorano il tempo supplementare (l’extra time, come dicono i commentatori che parlano bene e pure quelli che parlano male): il Var, la bevuta, la sostituzione, l’infortunio finto e quello simulato, tutto serve. E la domenica comprende anche il sabato e pure il venerdì e il lunedì, inseguendo gli abbonati che pagano o gli infedeli con il pezzotto, a ogni ora del pomeriggio e della sera. Anzi, a guardare il calendario spezzatino, che ha straziato i palinsesti tv e l’inventiva “autoriale” (si dice così, parola orrenda, fuori l’autore), la domenica pomeriggio è, di solito, dedicata a partite di scarso appeal: perché le grandi squadre fanno le coppe (tutti i martedì, mercoledì e giovedì, per non lasciare un giorno libero dal pallone, non sia mai: com’era? L’oppio dei popoli?).
Perciò quel novantesimo minuto, quello della “febbre” di Nick Hornby, non esiste più. E non esisterà più neanche il Novantesimo Minuto, la trasmissione della Rai che fu “cult” (dicono così sempre quelli che parlano bene o pure male, gli algoritmici alla Adani, per dire, che ci spiegano il calcio come se fosse il bosone di Higgs). Diventa un’altra cosa, come lo è diventato il calcio. Quel Novantesimo Minuto cominciò nel 1970, che era l’anno di Italia-Germania 4-3: ma ve l’immaginate un’Italia-Germania come allora, dopo aver visto Italia-Svizzera? Era una grande idea, in un periodo a meno canali, niente pay tv, pay per view, streaming, highlights. La moviola era una battaglia (vinta), il sorteggio arbitrale un’altra battaglia (persa). Maurizio Barendson, Paolo Valenti e Remo Pascucci, triumvirato sportivo di quella Rai, mandavano in onda per primi le prime immagini dai campi, dai quali, poco prima, i radiocronisti si scusavano l’un l’altro per le interruzioni che significavano un gol, e c’era un attimo di adrenalina per capire di chi e come, mica quei lunghi momenti di sospensione da Var che se hai l’alluce puntuto ti dichiarano in fuori gioco, evitare gli scarpini allungati e che stanno trasformando il “giuoco del calcio” da dinamico in faccenda da fermo immagine che è proprio un’altra cosa.
La nostalgia
Sarà nostalgia, ma le cravatte di Castellotti, Luigi Necco circondato da sempre allegri tifosi del Napoli, i capelli di Tonino Carino, il riportino di Strippoli, l’ironia inarrivabile di Beppe Viola che poi tutto era meglio degli urlatori d’oggidì, di quelli che si chiacchierano sopra e ti spiegano che l’esterno basso (che poi altri non è che il terzino) fluidifica sulla fascia per il taglio dell’incursore, che poi è forse il vecchio mediano! Quanti momenti in quel Novantesimo Minuto: Bisteccone Galeazzi, Gianni Minà all’assalto di un campione come fosse Fidel Castro, il gol di Turone che era “bono”, quella splendida sfortunata banda di Maestrelli! Ma mica puoi riassumere mezzo secolo d’emozioni in un capoverso. E neppure puoi riassumerle più in una trasmissione della domenica pomeriggio sul batticuore del venerdì e del sabato e su quello che verrà il lunedì. Ormai erano rimaste solo le musichette, per quanto conduttori e inviati ci mettessero cuore e competenza: la magia aveva cambiato il calcio e il canale. Le immagini della domenica sono diventate inutilmente costose, meglio quelle degli altri giorni. L’audience era destinata allo sfarinamento.
La domenica è il giorno di altri sport che hanno nel dì di festa il loro momento clou. Nessuno più “la domenica mi lasci sempre sola”. E allora (ne sapremo di più oggi quando a Napoli saranno svelati i nuovi palinsesti Rai) molto meglio ridisegnare l’obsoleta trasmissione: sempre sport di certo, ma con uno sguardo allargato ad altre discipline. Resterà la “Domenica sportiva”, verranno il venerdì, il sabato e il lunedì sportivi, i giorni delle grandi partite. Perché Inter e Juve, Milan, Roma e Lazio, le nuove entrate Atalanta e Bologna, le squadre che hanno più “followers” (ah, i tifosi di una volta) la domenica staranno a preparare le coppe. La Rai, allora, sarà “sportiva” anche in quelle sere: un restyling che manda alle teche Novantesimo Minuto. Ce lo godremo in “teche-teche-tè” come la tv di una volta, come il duetto Mina-Battisti. La domenica la febbre non era più a 90 e ne hanno preso atto. Forse cambierà pure la sigla “Pancho” di Jack Trombey? “The times they are a-changin’”, per cantarla con Bob Dylan.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this