Notizie Nel Mondo - Notizie, affari, cultura Blog Business Economy Acciaio, sei pretendenti per l’Ilva in campo Marcegaglia e Arvedi
Economy

Acciaio, sei pretendenti per l’Ilva in campo Marcegaglia e Arvedi


Una corsa per sei concorrenti. Il bando per la cessione dell’ex Ilva arriverà entro la fine di luglio ma intanto il governo che ieri, insieme ai commissari, ha incontrato i sindacati, scopre le carte sui potenziali investitori interessati a mettere le mani sul polo siderurgico. In gioco due operatori indiani, uno ucraino, uno canadese e due italiani. Nel dettaglio si tratta degli indiani di Steel Mont e Vulcan Green Steel, del gruppo ucraino Metinvest e della canadese Stelco. Per quanto riguarda gli italiani, in ballo ci sono il gruppo Marcegaglia e Arvedi. Anche Sideralba sarebbe interessata.

IL PERCORSO

Nel tavolo che si è svolto a palazzo Chigi (erano presenti Urso, Calderone e Mantovano), è stato illustrato il piano di rilancio che riguarda i tre altoforni. Intanto 114 fornitori hanno accettato le richieste di Acciaierie d’Italia per gestire 120 milioni di crediti. Il bando di vendita degli impianti resterà aperto fino a metà settembre, con la previsione di alcuni punti fermi per la cessione: numero degli occupati, decarbonizzazione, piano industriale di almeno 4 anni, e compensazione verso le comunità locali.

Delicata la questione occupazionale: il piano di cassa integrazione, ha spiegato il commissario straordinario, Giancarlo Quaranta, alle parti sociali, non è collegato al piano industriale. Il commissario ha infatti ricordato che il piano industriale abbraccia un periodo dal 2024 al 2030, mentre il piano di cassa integrazione, che riguarderebbe 4.700 lavoratori (500 in meno rispetto ai 5.200 previsti originariamente) va da luglio 2024 a giugno 2026. Un passo avanti apprezzato dai sindacati, che però chiedono maggiori garanzie su questo ed altri punti.

LE REAZIONI

Rocco Palombella della Uil è il più critico sul piano, mentre la Cisl sembra più cauta. Scettica la Cgil che non crede nel rilancio dell’azienda. Fonti alle prese con questa delicata partita riferiscono che Metinvest sarebbe in pole position nella corsa all’Ex llva. Ma anche i canadesi di Stelco hanno recuperato terreno e proprio ieri il ministro Urso avrebbe discusso del tema con il suo omologo canadese.

Il gruppo ucraino ha le capacità finanziarie e le competenze per gestire un impianto come quello di Taranto che, secondo alcune stime, potrebbe aver bisogno di investimenti per 2 miliardi di euro. Metinvest è anche già fornitore di materie prime di Taranto e avrebbe le possibilità di far ripartire tutta l’attività del gruppo italiano. In questo quadro, il governo non vorrebbe correre il rischio di trovarsi di nuovo in situazioni fallimentari come quella con ArcelorMittal e non si esclude la possibilità che lo Stato resti dentro l’ex Ilva con qualche formula. La soluzione che l’esecutivo vuole evitare è quella di uno «spezzatino», con la cessione separata degli impianti. Il gruppo siderurgico dell’ex Ilva conta in Italia 8 sedi tra siti produttivi e di servizio con i tre principali siti insediati a Taranto, Genova e Novi Ligure. I dipendenti, considerando anche quelli in cassa integrazione dell’Ilva in As, sono circa 12 mila, di cui 10 mila in capo ad Acciaierie d’Italia in As. Il sito siderurgico di Taranto, il più grande in Europa, è dotato di 4 altoforni di cui solo uno attualmente è in funzione; un secondo dovrebbe riprendere l’attività entro l’autunno. I commissari puntano a salire nel secondo semestre di quest’anno a un output di due milioni di tonnellate. In una fase transitoria, nel 2025, si stima di arrivare a 5 milioni di tonnellate con due altoforni (Afo 1 e Afo 2) per poi salire, fra il 2026 e il 2027, a sei milioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Exit mobile version