19.12.2025
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Politics

con 30 milioni in meno rischio prepensionamenti


Una giornata sull’ottovolante, con i telefoni roventi e l’incertezza che per buona parte della giornata regna sovrana. Trenta milioni è il numero magico, la sforbiciata in legge di bilancio — 10 milioni l’anno per tre anni — che fa saltare sulla sedia i dirigenti di viale Mazzini. Mentre si rincorrono le voci più disparate, con mamma Rai costretta a razionalizzare i costi di «funzionamento e di gestione» con tutti i rischi del caso. Tradotto: così non si può competere, ci mandano a sbattere forte. E il Pd che già vede a rischio il concertone del Primo maggio: “chiuso per tagli. Chiedere conto a Giorgia Meloni”.

Intanto c’è chi, a viale Mazzini, prova a immaginare dov’è che andrà a colpire la cesoia. Stretta sugli esterni — si fa con quel che c’è, con quel che passa il convento — e pre pensionamenti con scivoli che invoglino chi è in età a lasciare. «Il grosso dei dipendenti è entrato negli anni ‘70, ‘80 — il mood che rimbalza nei corridoi — per ridurre i costi si potrebbe partire da lì». Oltre a una mannaia pronta a colpire i contratti agli esterni, in barba ad alcuni nuovi innesti a cui ai piani alti si lavora da mesi.

LA LEGA MINIMIZZA

Intanto dalle file della Lega, lì dove è nato l’emendamento della discordia a firma del capogruppo Massimiliano Romeo, minimizzano con decisione: «La Rai piange miseria, ma 30 milioni si trovano, non è che ora la tv di Stato va in malora per questo…». Ma l’humor in azienda racconta ben altro. Non che salti il banco, sia chiaro, ma la preoccupazione c’è ed è palpabile. «Oltretutto la Rai fa servizio pubblico — osservano alcuni dirigenti — questo significa che deve accollarsi anche programmi magari poco appetibili, dove i costi superano di gran lunga le entrate. Si tratta di un’offerta comunque necessaria per un’industria culturale come la nostra».

IL DIETROFRONT

Ma in serata dal Senato arriva il dietrofront. Non solo sulla sforbiciata alla Rai ma anche sulla stretta a tv e radio locali (20 milioni in meno), un’altra bella gatta da pelare. A chiedere che i 30 milioni vengano rimessi al loro posto, ovvero nelle casse della Rai, è Fratelli d’Italia, con un subemendamento della senatrice Vita Maria Nocco, che da Atreju, dove è in corso la kermesse del partito, fa partire la mail con la proposta di modifica allegata in cui chiede il colpo di bianchetto. Per la Rai come per le tv e le radio locali, che con 20 milioni in meno andrebbero davvero in affanno.

ATTESA PER I PARERI DEL MEF

Il dietrofront, raccontano in ambienti di via della Scrofa, sarebbe stato condiviso a livello di governo. Tradotto: il taglio non s’ha da fare, anche se — a dirla tutta — il ministero dell’Economia capitanato da Giancarlo Giorgetti non si è ancora espresso, visto che a Palazzo Madama si attende l’arrivo dei pareri di Via XX Settembre sui sub-emendamenti. Per il definitivo pollice verso alla sforbiciata ci sarà ancora da aspettare, anche se a viale Mazzini già si rincorrono da una stanza all’altra i sospiri di sollievo. «Vediamo, è ancora presto per cantar vittoria…». Ma pare che dai piani alti del governo qualche rassicurazione sia già arrivata. A via Teulada, dove ciak si gira e non c’è manovra che tenga, i take di agenzia che annunciano la retromarcia rimbalzano da uno studio all’altro. «Peccato, c’avevo già fatto la bocca alla pensione..», grida un usciere. E giù risate per tutti.


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