28.12.2025
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Fashion

Gianni Versace torna a casa, Reggio Calabria celebra lo stilista con una mostra sul mito della Magna Grecia


Le statuette in terracotta della dea Demetra, antiche di 2400 anni fa, sfilano con un’eleganza che affonda nel mito. Le lunghe vesti avvolgono ed esaltano la femminilità del corpo, echeggiando legami ancestrali con la natura, i cicli delle stagioni, l’agricoltura e la terra. Proprio quella Terra Madre che ha ispirato nel profondo la visione creativa di Gianni Versace. L’eredità (e la continuità) del mito, d’altronde, è il senso intimo delle creazioni di Versace. Lo dimostra la grande mostra Gianni Versace. Terra Mater. Magna Graecia Roots Tribute, inaugurata al Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria, visitabile dal 19 dicembre al 19 aprile, sotto la cura del direttore Fabrizio Sudano e della storica della moda Sabina Albano, in occasione degli ottant’anni dalla nascita di Gianni Versace (1946) e quasi trenta dalla tragica morte (quando il 15 luglio del 1997 venne assassinato con due colpi di pistola sugli scalini di Villa Casuarina, la sua dimora di Miami).

Una mostra dai tenori quasi epici che vuole indagare per la prima volta il legame profondo tra il fondatore della Maison Versace e la Magna Grecia, tra la sua visione creativa e la cultura antica della sua terra natìa. E lo fa orchestrando oltre 400 pezzi, fra abiti, accessori, oggetti di arredo, e materiali d’archivio, fotografie d’autore, provenienti da collezioni private, accanto a speciali reperti archeologici che testimoniano ed echeggiano i motivi tanto amati dal genio. A partire dalla testa di Medusa dai capelli tentacolari e quella della Gorgone simbolo millenario di fierezza apotropaica nelle città-colonie della Magna Grecia e della Calabria protostorica, che diventano icone della Maison. I motivi a Meandro, le palmette, le ali di Nike, le croci di fasti bizantini…«Reggio è il regno dove è cominciata la favola della mia vita. Il luogo dove ho cominciato da piccolo ad apprezzare l’Iliade l’Odissea l’Eneide…», sono le frasi di Gianni Versace che sfilano lungo l’allestimento spettacolare che proprio sotto la sala dei Bronzi di Riace inanella preziosi reperti archeologici con una collezione di abiti e accessori appartenenti alla Private Collection di Antonio Caravano, che comprende anche poltrone, cuscini, lampade, piatti decorati, e una selezione di pezzi della Fashion Archive di Franco Jacassi, dove spicca la splendida serie di bottoni. Un rapporto forte che troverà riscontro anche a livello istituzione: «Il nuovo Museo delle Culture del Mediterraneo verrà intitolato a Gianni Versace», ha annunciato il sindaco Giuseppe Falcomatà all’inaugurazione.

«L’idea della mostra è proprio quella di raccontare il personaggio Gianni Versace nato e cresciuto a Reggio — spiega Fabrizio Sudano — A ridosso di questi due anniversari fatidici, non è stato mai celebrato qui nella sua città d’origine, dove tutto è iniziato. La sua moda che riflette e trova ispirazione dal mondo classico trova affinità proprio con le collezioni del Museo archeologico, che lui ha visitato e ha conosciuto e vissuto. Sfiorando anche l’apice della suggestione archeologica con la scoperta nel 1972 dei due bronzi di Riace che qui vennero subito esposti prima di essere scortati a Firenze per il restauro». «Il cuore della mostra è il ritorno di Gianni Versace nella sua casa — evidenzia Sabina Albano — Nella sua terra madre, ma soprattutto nel museo che l’ha visto visitatore speciale da giovanissimo. Sappiamo quanto della storia antica sia presente nei suoi tessuti. Qui raccoglie tutti gli stimoli possibili, tutto il suo nutrimento ha origini culturali e diventa creatività. Le radici della Magna Grecia diventano una trama con cui Versace ha parlato e creato. E la mostra vuole esplorare questo suo mondo, attraverso un allestimento che evoca le sue Stanze di pensiero, tra la città di Reggio, la madre Franca, il codice Versace e le visioni del Sud».

Già, la mamma. Perché tutto inizia dalla sartoria della mamma, dove un giovanissimo Gianni comincia a fantasticare e a creare. «Lo racconta il tailleur della mamma Franca degli anni ‘60, ancora lineare e bon ton, esposto accanto ad un abito di Gianni che gioca con colori e forme rutilanti di quel favoloso mondo evocato dallo stile Versace degli anni ‘90», spiega Albano. In mostra c’è tutto l’epopea che dalle passerelle arriva al jet set, passa per le boutique, per poi abbracciarsi a tutte le arti, dai balletti, al teatro allo show-biz («fu il primo a vestire un rapper nero come Tupak Shakur, vittima anche lui di un agguato», ricorda Albano). L’archeologia che ha ispirato le icone di Gianni Versace è co-protagonista. Ecco la statuetta femminile in terracotta con la lunga veste coperta da mantello dall’area sacra di Calderazzo del V secolo a.C. che sembra evocata dagli abiti a tunica in maglia metallica, costruiti in oroton (quello speciale tessuto scoperto con Paco Rabanne) che Gianni trasforma in panneggia con una maglia a teste ottagonali che aderiscono al corpo con sensualità.

Ecco le croci bizantine del VII secolo d.C. che puntellano il tailleur giacca-pantalone dedicato alla Calabria, della collezione del ‘91, con una fantasia che gioca con i cartigli di Ovidio e scenafi della Magna Grecia («un omaggio alla Calabria bizantina e a quei borghi dove si parla ancora la lingua grecanica», dice Sudano). Il mito del mare calabrese evocato dall’Oinochoe (il vaso per versare il vino) a figure rosse del VI secolo a.C. decorato con fanciulle su pesci, e dagli affreschi con figure di animali marini, si ritrovano sulle camicie a maniche lunghe in seta, su gilet, vestaglie e shorts della collezione Uomo ‘91. Ecco L’abito per pensare in Viola del 1989, lungo e fasciante, sfoggia un’anima da corazza epica nelle sue spalline e colletto scolpite in balze. L’epopea opulenta dei primi anni ‘90 tra ori, nero, trame blu mare, sfila accanto ai gioielli, agli intarsi su pelle, arredi per divani e poltrone, citando i meandri greci, le palmette, gli strumenti della lira, le ali di Nike. Lo testimoniano gli specchi in bronzo dalla necropoli Lucifero di Locri, i vasi a figure rosse da Siritide e le antefissa di Templi.

Tra i completi giacca-gonna (compreso l’iconico pop con la Marylin di Andy Warhol) e i foulard, ecco la meraviglia delle spillone da balia dorate di Versace che sembrano plasmate sul modello delle fibule principesche in bronzo del V secolo a.C. Gli intarsi, le fibbie, i ghirigori di Versace dialogano con bracciali, armille e collane in bronzo dei corredi preistorici. Compresa la lastra in stucco dalla chiesa di Santa Maria Theotokos di Terreti che torna esposta dopo quindici anni. L’epopea del successo internazionale tra il 1983 e il 1989, la festa glamour delle supermodelle anni ‘90 e ‘93, echeggia dalle foto sulle pareti. E le foto. Monica Bellucci in Versace ritratta da Roberto Orlandi, e il gran finale del ritratto Gianni Versace firmato da Helmut Newton che evoca lo stilista come un dio eroico dell’Olimpo greco.


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