16.12.2025
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Politics

pronti a ripartire i viaggi per l’Albania


L’aveva promesso, Giorgia Meloni. «I centri in Albania? Fun-zio-ne-ran-no», aveva scandito un anno fa la premier dal palco di Atreju. Ed ecco che, a due anni dalla firma del protocollo tra Roma e Tirana che ha fatto nascere i due hub per i rimpatri accelerati di Shengjin e Gjader, dall’Europa arriva l’assist tanto atteso. Che potrebbe presto tradurre in realtà l’impegno preso dalla leader di Fratelli d’Italia. O almeno è così che nell’esecutivo leggono l’accordo raggiunto ieri a Bruxelles tra i ministri dell’Interno. Di fatto, un via libera – o quasi – al modello italiano degli hub in Paesi terzi per gestire le procedure accelerate di frontiera di migranti provenienti da Stati considerati sicuri, e che quindi possono essere rimpatriati.

LA SPINTA
Per questo la premier in persona, di sponda col titolare del Viminale Matteo Piantedosi, aveva spinto con forza a Bruxelles, perché si raggiungesse un’intesa come quella che ora andrà sottoposta al vaglio dell’Eurocamera. E per questo è stata grande ieri la soddisfazione tra Viminale, Palazzo Chigi e via della Scrofa. «L’Ue ha sdraiato Pd e toghe rosse», la tocca piano da Atreju il sottosegretario meloniano alla Giustizia Andrea Delmastro. «Ora, dopo che la sinistra ha esaurito tutti i ricorsi giudiziari , si parte e si fa sul serio». E il riferimento è proprio ai due centri per migranti nel territorio di Tirana. Pensati per ospitare fino a mille persone contemporaneamente, tremila al mese e 36mila in un anno, nei piani dell’esecutivo. E rimasti invece finora semivuoti, dopo la sequela di mancate convalide ai trasferimenti scandita dai magistrati. Tanto che il governo è poi corso ai ripari trasformandoli in Cpr, centri di rimpatrio come quelli già presenti sul territorio italiano. Ora, invece, ecco che grazie al semaforo verde incassato in sede europea si può tornare al piano originario. «I centri d’Albania – spiega Piantedosi da Bruxelles – si ricandidano con forza ad essere attivi su tutte le funzioni per le quali erano stati concepiti». Come appunto «essere il primo esempio di return hubs citati proprio da uno di questi regolamenti approvati».

Quando le due strutture torneranno a operare a pieno regime, è ancora presto per dirlo. Ma tra Viminale e Palazzo Chigi si fanno i calcoli. I regolamenti su cui ieri si è arrivato l’ok del Consiglio affari interni dell’Ue dovranno passare dal trilogo, ossia dal negoziato tra Commissione, Consiglio e Parlamento. Dunque per entrare in vigore – al netto di possibili ricorsi – secondo le prime stime che si fanno a Roma potrebbe volerci fino a febbraio-marzo. A quel punto, potrebbero ripartire i trasferimenti. Rimettendo in funzione il centro di trattenimento da 880 posti e non più solo il Cpr da 144.

Certo, esistono degli ostacoli. Come l’eventualità di un prolungarsi del negoziato, che potrebbe ritardare l’entrata in vigore della nuova spinta ai rimpatri accelerati. Ma nell’esecutivo si guarda al bicchiere mezzo pieno. Se anche si dovesse andare per le lunghe, spiega chi segue da vicino il dossier, il prossimo 12 giugno entrerà in vigore il nuovo Patto sulla migrazione e l’asilo. Che allarga le maglie in base a cui uno Stato può essere considerato sicuro. Motivo per cui, è la convinzione, a quel punto i rimpatri italiani dall’Albania potranno ripartire comunque.

«CAMBIO DI PASSO»
E poi, intanto, si può sorridere per il «cambio di passo» trainato dall’Italia. «L’Europa – esulta il capogruppo di FdI a Bruxelles Carlo Fidanza – prende atto che non si può lasciare tutto il peso dell’immigrazione irregolare sui Paesi di frontiera». Così come, rimarca Piantedosi, Roma segna un punto sulla definizione delle Ong come «fattore di attrazione per i migranti», sulla quale si allinea pure Berlino. Un successo per il governo, un «obbrobrio» per le opposizioni: «Von der Leyen consegna l’Ue all’estrema destra – attacca da Avs Angelo Bonelli – Una svolta trumpiana pericolosa».


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