ROMA «Mishima non è il mio genere. Pasolini, invece, lo conoscevo bene. E ha ragione chi dice che non era né di destra né di sinistra, perché ha esercitato un’influenza traversale». La ministra Eugenia Roccella è la prima ad arrivare davanti al maxi-tendone dedicato a Rosario Livatino. Ad Atreju è il giorno di Pier Paolo Pasolini e Yukio Mishima. Nessuno dei due figura sul muro delle «egemonie che piacciono» ai meloniani, appena fuori la sala. Ma pazienza, perché si tratta di personalità che non vanno «sussunte nei Pantheon degli dei», ma che vanno incluse nel «planisfero» di chi «liberamente parla di cultura» (copyright del ministro Alessandro Giuli).
Ma come si fa a mettere insieme uno scrittore marxista italiano e un poeta espressione del nazionalismo giapponese: il primo vittima di un efferato omicidio, il secondo autore del “seppuku”, il suicidio rituale dei samurai?
In realtà hanno molto in comune, almeno a sentire gli interventi degli ospiti: oltre al titolare del dicastero della Cultura, e alla ministra della Famiglia, anche il presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone e gli scrittori Camillo Langone e Davide Rondoni.
La lista è lunga: c’è chi parla del comune senso del sacro, chi della lotta a un certo relativismo e a un consumismo sfrenato, e pure della capacità comune di teatralizzare la propria autobiografia.
Ma conta soprattutto l’etichetta politica che in molti hanno affibbiato loro – Pasolini il comunista, Mishima il fascista — e da cui parte “l’operazione verità” targata Atreju.
Non figure ideologiche, ma scrittori espressione di libertà e di apertura al confronto, che la destra rivendica per sé, a dispetto della sinistra (varie le stilettate lanciate contro la fiera Più libri Più liberi a seguito delle polemiche sulla piccola casa editrice di destra).
E così c’è il ministro Giuli che ci parla del Pasolini mishimiano che aveva anticipato di 25 anni, nel suo ultimo scritto, la svolta di Fiuggi. E il Mishima pasoliniano, il cui impeto è paragonato a quello del poeta di Casarsa contro gli studenti di Valle Giulia.
«Io penso che Pasolini sarebbe felicissimo di questo incontro e di parlare a una platea diversa dalla sua», dà man forte Roccella, che lo ricorda come «l’uomo della contraddizione» e della curiosità che oggi «sembra mancare a quegli intellettuali di sinistra» che hanno paura di uscire della «comfort zone». La ministra tocca poi un tasto dolente: «Perché Pasolini non è diventato un’icona Lgbtq? Era troppo irregolare e diverso», oggi vince il «conformismo della diversità».
IL PARALLELO
Oltre i parallelismi c’è il richiamo alla contemporaneità. E qui la palla passa al presidente della commissione Cultura, Federico Mollicone, meloniano d’acciaio, per cui tanto Mishima che Pasolini rappresentano in maniera sintetica una visione culturale che è nata, negli anni ’70, nelle sezioni e nei circoli della Fuan, ed è passata per le organizzazioni giovanili, fino ad esplodere in Atreju.
Non si tratta, dice, di «rivendicare il Mishima di destra, il Pasolini di sinistra o viceversa. Noi siamo qui ad affermare una visione della cultura, dell’intellettualità e della vita che fa della sintesi la sua essenza. Da decenni abbiamo smesso di giocare con le appartenenze».
La stoccata è diretta sempre dall’altra parte della barricata politica: «La sinistra se ne deve fare una ragione perché qui ad Atreju troverà sempre il confronto tra personaggi apparentemente lontanissimi, troverà sempre la libertà e il pluralismo». Il riferimento è soprattutto alla fiera Più libri più liberi: «Ci troviamo d’accordo con Saviano che dice a Zerocalcare che a fare il puro si trova sempre uno più puro che ti epura. Perché se non vai alla fiera ma lì continuano a vendere i tuoi libri, se critichi i libri della destra e poi li continui a vendere su piattaforme, se fai le fiction su Netflix e se vendi i libri su Amazon non puoi fare il puro. Noi crediamo nella libertà e nel confronto, alla sinistra restano solo queste figurine».
La nuova egemonia della destra di governo deve passare attraverso l’ironia, l’unica arma – parola di Alessandro Giuli – in grado di azzerare il nemico: «Non siamo quelli dell’amichettismo, ma chi ci accusa fa parte del nemichettismo, che stasera coniamo come termine da cucire addosso a tutti quelli che ci accusano di fare cultura liberamente».
Valentina Pigliautile
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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