27.11.2025
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condannato il produttore Giuseppe Milazzo Andreani


Un investimento – che sembrava certo e prometteva grandi guadagni – da 350mila euro in bitcoin. Ma di sicuro c’è solo il fatto che quei soldi non sono mai tornati a Gianna Orrù, 84 anni, madre della nota showgirl Valeria Marini, che aveva deciso infine di denunciare Giuseppe Milazzo Andreani, la persona a cui aveva deciso di affidare i propri risparmi. Nel pomeriggio di ieri, in una delle aule del Tribunale monocratico di piazzale Clodio, si è concluso il processo di primo grado nei suoi confronti con una condanna a un anno, pena sospesa, per truffa aggravata. A far da tramite per la conoscenza dei due è stata proprio la figlia della vittima.

LA VICENDA
Come ha raccontato in aula la Marini, l’imputato aveva prima contattato la sua segretaria e poi l’aveva conosciuta. Si era presentato – così ha spiegato durante una precedente udienza l’attrice – come un produttore cinematografico, con l’intenzione di girare un cortometraggio (“L’ultimo applauso”, che doveva essere distribuito nel 2016). «Sosteneva che avrei potuto interpretare una parte e che per il progetto avrebbe utilizzato i fondi Imaie (l’Istituto mutualistico per la tutela degli artisti, ndr)». Terminate le riprese per il video, Milazzo entra in contatto con Orrù. Quest’ultima, infatti, voleva apportare delle modifiche al prodotto finale perché non era rimasta contenta del risultato in fase di montaggio. «Dopo – ha continuato Marini nel corso della sua testimonianza – si è sempre occupata lei della faccenda perché io ero impegnata in altre trasmissioni. Con lei, Milazzo (assistito dall’avvocato Sergio Stravino, ndr) ha sempre avuto un atteggiamento ossequioso e la contattava spesso per cercare di stringere un rapporto di lavoro, ma non si è mai presentato come intermediario finanziario».

Solamente qualche mese dopo l’imputato si ripresenta dalla madre della showgirl, ma questa volta, invece di parlare di film, propone all’87enne un investimento finanziario. Si comincia, secondo quanto ha ricostruito davanti al giudice la vittima, con 10mila euro, caricati su una piattaforma di criptovalute, tramite bonifici bancari a Milazzo. Poi, nei mesi successivi, ha detto di aver effettuato altri investimenti, sempre con le stesse modalità, fino ad arrivare a oltre 300mila euro. La figlia sarebbe rimasta ignara della situazione.

IL SENSO DI VERGOGNA
«Ho scoperto tutto — ha detto — quando mia madre aveva ormai già investito 200mila euro. All’inizio non sapevo cosa avesse, ma la vedevo sempre giù di morale e ho subito pensato che avesse un problema di salute. Poi mi ha raccontato, ma nutriva la speranza che il suo denaro le fosse restituito soprattutto per una questione d’onore». Un periodo difficile quello vissuto da Gianna Orrù che avrebbe pesato anche nei rapporti con Valeria Marini. «Mia madre si vergognava di essere stata raggirata al punto di rifiutarsi persino di aprirmi la porta di casa. Questa persona l’ha distrutta mia madre». Quindi la decisione, a febbraio del 2020, di denunciare il produttore cinematografico alle forze dell’ordine. Da lì, poi le indagini e quindi l’inizio del processo, cominciato a marzo dello scorso anno. Ieri, con la sentenza di primo grado e la condanna a un anno di reclusione, si chiude il primo capitolo giudiziario di questa vicenda. Da parte sua Giuseppe Milazzo Andreani continua a professarsi innocente. «Sono estraneo ai fatti — dice al “Messaggero” — e lo dimostrerò. I processi si fanno nelle aule di Tribunale e non sui giornali e in questo caso, c’è stata una strumentalizzazione della vicenda sin dal primo giorno». A preannunciare che si proseguirà in secondo grado l’avvocato difensore Sergio Stravino. «Le sentenze non si commentano — precisa il legale — si impugnano. Proporrò appello per dimostrare l’insussistenza del fatto». E comunque il reato si prescriverà a febbraio.


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