19.11.2025
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Politics

«Si può trovare un terreno comune»


Di lotta, certo. Ma anche di governo, quando serve. Anche se al governo c’è lei, l’arci rivale Giorgia Meloni. Chi l’ha detto che Elly Schlein non sarebbe pronta per Palazzo Chigi? Che non avrebbe un approccio abbastanza “istituzionale”, troppa piazza e troppo poco Palazzo? Un’accusa che negli ultimi mesi è stata mossa spesso alla segretaria del Pd. Soprattutto dall’interno. Lo mormorano nella minoranza dem, che si riorganizza perché spera di condizionarla. Lo penserebbe, secondo retroscena prontamente smentiti, Dario Franceschini, che lavorerebbe di sponda con Matteo Renzi per spianare la strada a una carta alternativa per la guida di un futuro governo di centrosinistra, Silvia Salis o Gaetano Manfredi. E lo sussurrano, da settimane, alcuni tra i padri nobili del Pd. Con l’eccezione di Massimo D’Alema, che ieri con la segretaria ha presentato a Montecitorio l’ultimo numero della sua rivista Italianieuropei (rifilando pure una stoccata agli altri “grandi vecchi” del centrosinistra che danno buoni consigli: «Mi sembra dannoso che chi non ha ruoli si metta a dare direttive»).

È un accerchiamento. Di cui i fedelissimi della segretaria sono ben consapevoli. E così ecco che dal Nazareno è partita la contraerea. Obiettivo: spingere sull’immagine della leader dialogante. Sempre di lotta, ma anche di governo. Basta riavvolgere il nastro degli ultimi giorni. Prima l’incontro fiume con Emanuele Orsini di Confindustria, una settimana fa, sulla manovra. Poi, l’altroieri, il successo del via libera bipartisan al nuovo reato di violenza sessuale, con la previsione di un consenso «libero e attuale» al di fuori del quale si configura il reato. Operazione andata in porto proprio grazie ai contatti diretti tra Meloni e Schlein, che hanno dato semaforo verde al confronto maturato nelle aule. Risultato che la segretaria ieri ha celebrato postando sui social una foto non casuale. Quella (l’unica disponibile negli archivi, in verità) in cui stringe la mano a Giorgia Meloni. Correva il 2023, Schlein era da poco approdata al timone del Nazareno e veniva ricevuta a Palazzo Chigi per il tavolo sulle riforme. Uno scatto più unico che raro perché immortala un momento di cortesia tra le due leader dei due principali partiti italiani, affabili e sorridenti quando di solito invece se le danno di santa ragione. Come durante l’ultimo botta e risposta alla Camera, con Schlein che accusava la destra al potere di reprimere le libertà e la premier che in risposta alzava i decibel: «Ci ha paragonati ai terroristi». Tutto archiviato? Neanche per sogno.

Però ecco il messaggio: contro la lotta alla violenza sulle donne si deve – e si può – collaborare. «Abbiamo dimostrato – scrive la segretaria dem – che su questo tema fondamentale si può trovare un terreno comune tra maggioranza e opposizione, per far fare passi in avanti al Paese». Pur restando lontanissime su tutto il resto. Un concetto ribadito anche di fronte alle telecamere a Montecitorio: «Siamo molto soddisfatti di questo risultato e proseguiremo anche su altre cose». Ad esempio? «Vogliamo poter arrivare a votare insieme anche le norme necessarie sulla prevenzione, a partire dall’educazione alle differenze e alla sessualità che deve essere obbligatoria in tutti i cicli scolastici».

MANO TESA

Una mano tesa che serve a Schlein non solo per «far fare un passo avanti al Paese», come rivendica la segretaria, ma pure per mandare una serie di messaggi ai naviganti. Il primo: rilanciare la narrazione delle due donne contro già cavalcata con successo alle Europee. Di un bipolarismo al femminile che si dà battaglia (dalla manovra ai centri in Albania, la segretaria dem non risparmia un colpo all’avversaria), ma che quando serve sa deporre le armi in nome di uno scopo più alto. E poi l’avviso interno. Cari riformisti, cari padri nobili: volete una leader di governo, che sulle grandi questioni sia in grado di dialogare – e portare a casa risultati – anche con gli avversari? Eccola qua. Senza bisogno di cercare altre opzioni. Insomma non indossa la pochette, Schlein, ma poco ci manca. E chissà se a Giuseppe Conte, impegnato in una svolta moderata in chiave di avvicinamento a Palazzo Chigi a discapito di Schlein, in vista di possibili primarie di campo largo, leggendo il post della segretaria saranno fischiate le orecchie.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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