Contestato, discusso, amato dai sostenitori almeno quanto è inviso agli avversari. Tra un post sull’ascesa «democratica» del fascismo, la foto di una cernia paragonata agli elettori di sinistra, i continui richiami alla «Decima» e alla simbologia del Ventennio. Eccolo Roberto Vannacci, il generale col gusto per la provocazione e per le strizzate d’occhio all’ultradestra. Divenuto prima autore di bestseller col suo «Mondo al Contrario», il libro che lo ha «consacrato» al grande pubblico nonostante (o forse proprio grazie al) polverone per le frasi che conteneva su omosessuali, migranti, femministe e ambientalismo. E poi personaggio politico, con la sua scalata (già conclusa? o appena iniziata?) ai vertici della Lega. Prima eurodeputato, dopo aver incassato alle scorse Europee più di mezzo milione di preferenze, poi vicesegretario del partito via Bellerio, nonostante più di qualche malumore interno alla «vecchia guardia» del Carroccio.
Lo stop in Toscana
Dove vuole arrivare, Vannacci? Se lo chiedono in molti, a destra come a sinistra. Di certo le ambizioni dell’ex parà, nato 57 anni fa a La Spezia ma residente in Versilia, hanno subito un colpo con le ultime regionali toscane, con Matteo Salvini che lo aveva messo a capo della macchina elettorale leghista. Il risultato è stato magro: 4,4% e un solo eletto, il fedelissimo vannacciano Massimiliano Simoni. Col partito locale in rivolta contro il generale, accusato di aver fatto fuori tutta la classe dirigente precedente e aver condotto la campagna, appunto, da generale. «Ma qui non siamo nell’esercito», lo sbuffo di una pasioanria leghista come Susanna Ceccardi. L’eurodeputato, però, non si è perso d’animo. Al contrario: chi gli è vicino assicura che la sua avventura in politica è ancora all’inizio. Altro che stella appannata.
Del resto proseguono, seppur ammoniti da via Bellerio (che ha detto no a organizzazioni «parallele» interne al Carroccio), i Team del generale. Associazioni di fedelissimi che si riconoscono nei principi del «Mondo al contrario», e che nei mesi scorsi sono spuntate come funchi lungo tutto lo Stivale.
Potrebbero trasformarsi in un partito autonomo, un domani? Il generale nega. E prosegue per la sua strada, fatta di polemiche e provocazioni. Purché se ne parli, pare il suo mantra. Come l’ultimo post sull’ascesa del fascismo, che per il numero due leghista (che cita lo storico Francesco Perfetti) fu legittima. «La marcia su Roma? Poco più che una manifestazione di piazza», scrive il generale, aggiungendo poi che «tutte le principali leggi – dalla riforma elettorale del 1923 alle norme sul partito unico, fino alle stesse leggi del 1938 — furono approvate dal Parlamento e promulgate dal Re, secondo le procedure previste dalla legge». Anche le leggi razziali, dunque. Un post che ha fatto imbufalire il Pd: «Vannacci dimentica le leggi fascistissime del 1925-26, che distrussero ogni libertà costituzionale, l’omicidio Matteotti, che segnò l’inizio della dittatura vera e propria, e la legge Acerbo, che truccò la rappresentanza parlamentare aprendo la strada al regime totalitario», attaccano i dem.
I post contestati
Ma lui, il generale, degli attacchi e delle critiche si cura poco o nulla. Come quando l’estate scorsa postò una foto in costume con in braccio una cernia dagli occhi strabuzzati: «Ecco la faccia della sinistra dopo le prossime elezioni». O le polemiche per le ultime uscite sugli omosessuali. «Davanti alla minaccia russa chi mandiamo a combattere, quelli del gay pride?». O ancora: «Dopo una vita passata in caserma c’era il rischio che mi potessero piacere gli uomini e, in quel caso, mi sarei privato della gioia di avere figli». Contestato, si diceva, ma altrettanto amato dai suoi fan, che a più di due anni dall’esplosione del «fenomeno Vannacci» ancora riempiono gli eventi a cui partecipa. Come dimostra la fila che c’era per scattarsi un selfie con lui all’ultima Pontida, l’evento simbolo della Lega. E infatti continua a girare l’Italia in campagna elettorale. Fino alla prossima polemica.
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