13.11.2025
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Economy

Avio, «fabbrica negli Usa per Lockheed e Raytheon»


Muove i primi passi l’espansione di Avio nella difesa statunitense, finanziata, in parte, con i soldi dell’aumento di capitale in corso, in parte con contributi statali americani. Il gruppo dei lanciatori ha siglato due intese quadro con Lockheed Martin e con Raytheon (Rtx) per realizzare un nuovo stabilimento negli Usa dedicato ai motori a propellente solido. «Da un lato abbiamo riservato loro parte della capacità produttiva del futuro stabilimento, dall’altro ci siamo assicurati clienti per la fabbrica», spiega Giulio Ranzo, amministratore delegato dell’azienda dell’aerospazio, «Entro dieci anni puntiamo ad avere un terzo dei ricavi dagli Stati Uniti. Su complessivi 1,5 miliardi, circa 600 milioni saranno dagli Usa. In partenza si parla di 400-500 milioni».

Intercettate le richieste dell’amministrazione statunitense di spostare la produzione sul suolo americano.

«In realtà il progetto è stato concepito da prima dell’avvio della nuova amministrazione. Quando si parla di difesa le politiche non cambiano a seconda di chi è alla Casa Bianca».

Che tempi vi siete dati e quale sarà l’investimento?

L’avvio è previsto nel 2028, quindi abbiamo tre anni per completare lo stabilimento che darà lavoro a 400-500 persone Investiremo più di 600 milioni, fondi che vengono dall’aumento di capitale in corso e integreremo con un po’ di debito o leasing la parte delle opere di urbanizzazione del sito.

Parliamo dell’aumento di capitale. Come manager partecipate al capitale attraverso In Orbit, come intendete muovervi?

«Parteciperemo integralmente all’aumento di capitale, così da mantenere una quota nell’azienda, quota che abbiamo visto rivalutata negli anni. Lo riteniamo un messaggio importate per gli altri azionisti. È il segnale di un management che crede in quello che fa».

Negli Stati Uniti, dove c’è un attore ingombrante come Space Xi di Elon Musk, puntate anche la mercato dei lanciatori?

«Non lo escludiamo, anzi ci stiamo lavorando. Tuttavia ci siamo dati alcune priorità. Il progetto dell’impianto è una mossa strategica che ha l’obiettivo ci concentrare il business negli Stati Uniti sulle attività manifatturiere che produciamo in larga parte in proprio, ossia i motori a propellente solido».

Vede anche spazi nei progetti europei sulla difesa?

«Abbiamo avuto un’importante crescita degli ordini per la difesa in Europa, legati a Mbda, che è nostro cliente e con il quale abbiamo florido rapporto. I loro ordini sono aumentati fino a quasi 500 milioni di euro perché loro stessi in Europa hanno già incrementato parecchio le vendite. Detto questo il processo di riarmo europeo è ancora in una fase di elaborazione. È evidente che aumentando la spesa faremo di più. Tant’è vero che se l’80% dell’aumento di capitale è dedicato a investimenti negli Usa, il restante 20% sarà investito in Europa, assieme ad alcuni finanziamenti governativi, per potenziare la capacità produttiva. Si tratta di un sforzo che richiede però minori risorse perché a differenza che negli Usa, l’impianto non parte da zero».


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