Sciopero: il dado è tratto. Maurizio Landini annuncia la mobilitazione di prima mattina dall’assemblea della Cgil a Firenze: il 12 dicembre il sindacato “rosso” chiederà ai suoi iscritti di incrociare le braccia contro una Manovra «ingiusta e sbagliata» che «non aumenta i salari». Tutti in piazza, dunque, e non solo nella Capitale ma «in tutte le città italiane». È il guanto di sfida finale al governo. Lo raccoglie per prima Giorgia Meloni con un post al vetriolo affidato ai social.
L’AFFONDO
«Nuovo sciopero generale della Cgil contro il governo annunciato dal segretario generale Landini — cinguetta la premier a stretto giro — in quale giorno della settimana cadrà il 12 dicembre?». Di venerdì, è il sottotesto sarcastico, ed ecco tornare l’accusa già mossa al sindacato rivale questa estate: «Il week end lungo e la rivoluzione non stanno insieme».
Si preannunciano settimane caldissime fra governo e parti sociali. Con il centrodestra che serra i ranghi e attacca compatto la protesta di Landini contro la finanziaria in fasce. «Chissà come mai proprio di venerdì — si aggiunge al coro canzonatorio il leader della Lega e ministro delle Infrastrutture Matteo Salvini — invitiamo Landini, per una volta, a rinunciare al week end lungo e organizzare lo sciopero durante la settimana». «Cambiare la data? Cambino loro la Manovra» risponde piccato il segretario. Che in mattinata si lancia in una lunga invettiva contro la quarta legge di bilancio targata Meloni. «L’emergenza fondamentale in questo momento è il salario, c’è bisogno di aumentare i salari, questa manovra non lo fa». È un fiume in piena. Chiede che venga restituito il “fiscal drag”: «Lavoratori, dipendenti e pensionati in questi ultimi 3 anni hanno pagato 25 miliardi di tasse in più solo perché di fronte all’aumento dei prezzi e dell’inflazione non sono stati rivalutati automaticamente le detrazioni e gli scaglioni».
Lungo il cahier de doléances. Rientra lo sdegno per l’aumento delle spese per la Difesa chiesto da Trump e dalla Nato: «Una follia: non c’è un euro di soldi per rilanciare gli investimenti pubblici e privati nel nostro Paese, e l’unica spesa che viene indicata è un aumento di quella per le armi». È un Landini modalità-combat a chiamare da Firenze la mobilitazione di piazza. Peraltro, questa volta, bruciando sui tempi la Uil e anticipando di un giorno la manifestazione della Cisl, il sindacato “bianco”. C’era una volta la Triplice. Nelle stesse ore critiche alla Manovra “light” del governo — 18,7 miliardi di euro — arrivano dagli industriali. «In un momento come questo serviva sicuramente pensare alla crescita» appunta da Urbino il presidente di Confindustria Emanuele Orsini. Le opposizioni montano in fretta sul carro della Cgil. «Meloni pensi ad aumentare i salari e non a prendere in giro chi sciopera» tuonano dal Pd. Francesco Silvestri, dai Cinque Stelle, replica all’affondo social della premier: «Mi sa che c’era Giuseppe Conte come presidente del Consiglio l’ultima volta che i tuoi parlamentari sono venuti a lavorare alla Camera anche di venerdì». Questo è il clima. E promette di accendersi man mano che l’adunata di piazza del sindacato di sinistra si avvicina. Da destra fanno muro. Uno ad uno i big di Fratelli d’Italia, su input di via della Scrofa, seguono la leader e il coro contro il “week end lungo” di Landini. Bignami, capogruppo alla Camera: «Chissà perché proprio quel giorno lo sciopero..un’idea la ho…».
LA STRETTA
Fin qui solo schermaglie. Ma al governo c’è chi pensa di passare ai fatti, davanti allo sciopero “rosso” vissuto come “pura provocazione” dal cerchio magico della premier. Da un lato Salvini tentato dall’ennesima precettazione, almeno parziale, per garantire i servizi urgenti nei trasporti. Dall’altro il piano che prende forma, dietro le quinte, per una nuova stretta contro gli scioperi. Un emendamento alla legge sulle mobilitazioni sul lavoro, sponda leghista, è allo studio in Parlamento.
Prevede l’obbligo per il lavoratore di dichiarare con un giorno di anticipo se parteciperà o meno allo sciopero convocato dal sindacato. Un giro di vite notevole, che cancellerebbe di fatto qualunque “effetto sorpresa” della protesta. Materia delicata, nitroglicerina pura, se è vero che lo sciopero è un diritto difeso dalla Costituzione e presidiato da vicino dal Quirinale che difficilmente darebbe un via libera. Ma l’intenzione di procedere con la linea dura non resterà lettera morta, spiegano fonti qualificate del governo. Per la serie: non finisce qui.
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