Era il 2019 quando nel video di Accetto miracoli Tiziano Ferro mostrava con orgoglio ai fan la fede al dito, simbolo del matrimonio con il marito Victor Allen, ex dirigente della Warner Bros, celebrato quell’estate. Nel 2022 la coppia, che viveva a Los Angeles, avrebbe annunciato anche l’arrivo dei piccoli Margherita e Andres. Sei anni dopo quel video, la favola è finita. Male. Con un divorzio ufficializzato lo scorso anno. Il 45enne cantautore di Latina lo racconta nel nuovo album Sono un grande, in uscita domani.
Come Quello che si voleva, intrisa di rabbia e rancore, il cui testo sembra contenere allusioni all’autolesionismo («5-6-7-8 / quante volte puoi trovarlo esanime un corpo?», canta): «Non mi sarei mai immaginato di poter essere vittima di episodi di lesionismo e o autolesionismo mentale. L’abuso mentale è insidioso: quando tu sai di essere intelligente, libero, padrone della tua vita, non ti dai la possibilità di diventare vittima. Invece succede. E a me è successo. Oggi negli Usa mi guardo intorno e mi dico: “Ma come sono finito qui?”. Certo, ci sono i miei figli, ma mi sento incastrato in questa vita, che non è quella che volevo», racconta Ferro, che tornerà ad esibirsi negli stadi italiani nell’estate del 2026, doppietta il 27 e 28 giugno all’Olimpico di Roma (stasera alle 23 TimVision trasmetterà un’anticipazione del tour con uno show a Milano che inaugura il format Tim New Music Night).
Parla di autolesionismo fisico?
«No. Ma spesso non riconosciamo gli episodi di autolesionismo più pericolosi: quelli di autolesionismo mentale. Nella canzone, con la quale ho rielaborato un brano del 2020 di Chiara Galiazzo, La vita che si voleva, c’è un passaggio in cui dico: “Chiamali i soccorsi se hai il coraggio / spiegagli a parole tue questi anni da ostaggio”. Cioè, spiegagli cosa hai provato quando mi hai tenuto in cattività. È stato quasi umiliante riconoscere che l’abuso mentale è ancora più pesante di quello fisico».
A scanso di equivoci: quello che racconta parlando di abusi mentali ha a che fare con il matrimonio finito, giusto?
«Certo. Un rapporto che finisce è una sconfitta. E subentra anche un elemento di autoflagellazione: ero una persona con tanta voglia di vivere e ora mi ritrovo incastrato qui, negli Usa, come un cretino».
Legalmente cosa le impedisce di tornare in Italia?
«Le visite dei bambini. Io ho la custodia, però ovviamente ci sono delle visite e le devo e le voglio dare. Siamo in buonissimi rapporti (con Victor, ndr), non c’è stata nessuna guerra: potrei portare via i bimbi, ma sarebbe una cattiveria e non me la sento».
Come si presenta Tiziano Ferro a 45 anni?
«Come la scritta “grande” sulla copertina, con delle crepe. Nel disco mi racconto in maniera onesta, senza filtri».
Lo fa anche attraverso versi forti. A cosa allude quando in Fingo & Spingo canta di spingere un ago nelle vene?
«Al conflitto tra l’immagine pubblica e la vita privata. Ho vissuto le conseguenze negative di questo mestiere tante volte: comprendo chi non ce la fa e smette. L’ho pensato anche io, di limitarmi solo a scrivere. Bisogna trovare la capacità di accettare quel filo di follia che ti porta a chiuderti in casa e a privarti del contatto con gli altri così tanto da provare quella dipendenza fortissima che ti porta a scrivere il tuo prossimo miglior disco. È facile farsi la foto col disco di platino, ma è importante imparare a fare anche le foto delle sconfitte».
Ha cambiato manager (a Fabrizio Giannini, al suo fianco sin dal primo disco, è subentrata Paola Zukar, dietro i successi di Fabri Fibra e Marracash) e casa discografica: cosa cercava?
«Farmi guardare dagli occhi di persone nuove, essere messo in crisi (nel disco lavora con produttori giovani del circuito rap come Marz, Zef e Bias, ndr). Ci tengo a dire che non ho licenziato nessuno. Il contratto con Universal era scaduto come il latte. È andata così».
Esclude al cento per cento una partecipazione in gara al Festival di Sanremo?
«Sì».
Può cambiare idea fino a quando Carlo Conti non annuncerà i big?
«No: non ho la canzone».
E quella con Madame, che ha condiviso sui social una foto con lei in studio?
«Era venuta ad ascoltare il disco. Mi ricorda Carmen Consoli. Ma per fare qualcosa insieme bisogna aspettare che arrivi il pezzo giusto».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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