08.10.2025
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Sports

vittoria a Parigi della coppia Daryz-Barzalona. Come è andata la corsa


Almeno un Arc de Triomphe in casa lo avevano vinto tutti, a cominciare dal bisnonno, l’Aga Khan III, che era venuto via dall’India natia proprio per darsi all’ippica a tempo pieno; anche il nonno, il bel principe playboy Aly Khan lo aveva vinto e quasi gli era riuscito di regalarne uno a una moglie, Gilda, cioè la superstar atomica Rita Hayworth. Il padre, l’Aga Khan IV, Karim, l’inventore della Costa Smeralda, ne aveva vinti in serie. Karim è scomparso a febbraio di quest’anno e la sua erede “cavallara”, Zahra, ha subito messo segno il colpo d’oro: il suo purosangue Daryz ha vinto oggi a Longchamp la corsa di galoppo più prestigiosa al mondo, ribadendo per vero un detto popolare tra i superstiziosi dell’ippica. Quello che vuole “il cavallo del defunto” come un campione. Anche per Ribot andò così: il suo creatore Tesio morì prima del debutto.

Pure Daryz non aveva mai corso quando Karim era vivo. Zahra, però, ha un background ippico ben più formato del padre, il quale, si racconta, si recò per la prima volta a Longchamp, una volta ereditata la formidabile scuderia del nonno e chiese al suo allenatore del tempo, François Mathet, se il portacolori (bellissima la tradizionale giubba: verde smeraldo, spalline rosso rubino. I gioielli sono di casa anch’essi…)che stava per correre avrebbe vinto e si sentì rispondere “Altezza Reale, ma lei scommette?”. Il principe negò e l’allenatore commentò: “E allora perché vuol saperlo prima?”. Anche oggi “prima” non molti avrebbero dato chances notevoli a Daryz: era a 166 contro 10 al gioco che vedeva in prima fila Minnie Hauk, in splendida condizione all’apparenza, e i tre giapponesi, supportati dai molti turisti e tifati da lontano all’ippodromo di Tokyo che era stato aperto di notte e senza corse per consentire agli ippici di vedere l’Arc sul maxischermo (era notte a Tokyo).

E invece, come le 35 volte precedenti, i cavalli del Giappone non vincevano, e addirittura non si piazzavano nessuno dei tre con il primo dei loro, Byzantine Dream, classificato al quinto posto. Il primo e unico degli italiani (pure se vivente in Inghilterra), Giavellotto, finiva buon quarto, penalizzato dal terreno che da morbido s’era fatto faticoso dopo la pioggia dell’ultimo momento. In sella al vincitore era Mickael Barzalona, francese di Avignone; ha tenuto all’attesa Daryz e poi ha scatenato in dirittura d’arrivo questo baio fatto in casa dagli Aga Khan Studs ed allenato da François.Henry Graffard, un 48enne che rappresenta con gran successo la nouvelle vague dei trainers francesi e che prepara i suoi cavalli a Chantilly, vicino Parigi, all’ombra del castello del Grand Condé, famoso generale d’altri tempi.

Quando Barzalona gli ha dato il via libera, Dariz s’ è lanciato sulle tracce di Minnie Hauk, cui, forse, Christophe Soumillon, il fantino di oggi (il partner di sempre, Ryan Moore, è infortunato), aveva chiesto il rush un po’ in anticipo. Così Daryz rimontava qualche lunghezza ed alla fine prevaleva di una testa, un po’ più del corto muso di Max Allegri, mentre al terzo posto, a più di 5 lunghezze, Sosie, che in questa stessa gara era stata quarta un anno fa, teneva a bada, per una testa ancora, il nostro Giavellotto. Soumillon s’era “consolato” in anticipo vincendo con la femmina Diamond Necklace il “Boussac” e con il maschio Puertorico il “lagardere” due Gruppo ! per puledri, entrambi allenati da O’Brien come Minnie Hauk. E ci aveva aggiunto l’Arc per cavalli arabi vincendolo in sella formidabile Al Ghaader. Se i giapponesi avevano fatto acqua (i lro cavalli sul pesante zappano) una prima volta però si registrava per l’Australia ippica quando la “vecchia” Asfoora (7 anni) dominava l’«Abbaye de Longchamp»: mai un cavallo australiano aveva vinto a Parigi.


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