05.10.2025
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Politics

«Un test importante? Più per qualcun altro…»


Un’agenda fitta di impegni, ma con i suoi fedelissimi pronti ad aggiornarla una proiezione dietro l’altra. Poco dopo le 17, a due ore dalla chiusura delle urne e quando il risultato è ormai certo, scolpito, Giorgia Meloni affida ai social il suo commento sulla vittoria di Francesco Acquaroli, il candidato del centrodestra in quota Fdi destinato a restare alla guida del marchigiano Palazzo Leopardi altri 5 anni. «Gli elettori hanno premiato una persona che in questi anni ha lavorato senza sosta per la sua regione e i suoi cittadini. Sono certa che continuerà nel suo impegno con la stessa passione e determinazione», scrive la premier in un messaggio dal taglio più istituzionale che politico. Una scelta comunicativa la sua, compiuta in una fase in cui è alle prese con uno scenario internazionale da togliere il sonno e innumerevoli grane interne. Non ultimo il dossier sulla cinquantina di italiani a bordo della Global Sumud Flotilla, diretti verso Gaza e ormai a un passo dalle acque a rischio. Meglio dunque lasciare da parte i toni barricadieri, concentrarsi sull’azione di governo e sui tanti nodi da sbrogliare.

LA TELEFONATA

Dopo aver ricevuto a Palazzo Chigi il principe ereditario e primo ministro del Bahrein Salman bin Hamad Al Khalifa, Meloni chiama Acquaroli per congratularsi del risultato messo a segno. La presidente del Consiglio scherza con il governatore sul susseguirsi dei mandati — «sarà un destino o meglio un tunnel comune?» — e sulla spallata di Schlein, Conte e gli altri «ancora una volta non pervenuta». E non è la sola, visto che in via della Scrofa e nelle chat interne al partito è tutto un susseguirsi di sfottò e ironie: «a furia di spallate si son slogati la spalla…», scherza Giovanni Donzelli con alcuni colleghi. E a un pizzico di sarcasmo, a vittoria ormai incassata, fa ricorso anche la premier. «Era il test che il centrosinistra considerava più importante. Ne prendo atto», affonda serafica commentando la debacle di Ricci e del fronte progressista. Mentre c’è chi fa notare che le Marche potevano trasformarsi in una nuova Ohio — vale a dire un’elezione decisiva e funesta per il futuro dell’esecutivo — mentre son diventate «un Abruzzo due». Perché anche all’Aquila la vittoria del centrosinistra era considerata a portata, mentre e finita come è finita: con Marsilio, Meloni e i suoi alleati una spanna sopra gli altri. E ad Ancona va in scena esattamente lo stesso copione. Nient’altro che un remake del marzo scorso.

E IL GOVERNO “VEDE” IL 2027

E così, dopo averla spuntata nelle Marche, Meloni ora vede il 2027 e oltre. Vale a dire che considera la fine della legislatura un traguardo che il suo governo può tagliare — «arriveremo a fine corsa» — e le prossime politiche una sfida da vincere. Di certo non una mission impossible, tanto più con un centrosinistra che, per quanto tenti la strada dell’unità, fatica a restare compatto e a far presa sull’elettorato: «un’operazione Frankenstein che non sfonda», per dirla prendendo in prestito le parole del ministro Francesco Lollobrigida. E se è vero che Meloni non nasconde la stanchezza per i tre anni e mezzo alle spalle — «mi sembrano 10» ha ironizzato solo una manciata di giorni fa da New York — chi le è vicino assicura che non ha dubbi su quel che intende fare al prossimo giro di boa: «Sa che 5 anni non sono sufficienti e cambiare il Paese, per questo farà di tutto per restare alla guida altri cinque».

Intanto però la testa è sul presente. «Lavorare, lavorare, lavorare», il messaggio che ha recapitato ai suoi anche nelle ore che decretavano la vittoria nelle Marche, quando Meloni è stata raggiunta a Palazzo Chigi dal ministro degli Esteri Antonio Tajani per fare il punto sui dossier internazionali .

OGGI IN CALABRIA

Oggi la premier sarà con gli alleati a Lamezia Terme per tirare l’ultima volata all’uscente Roberto Occhiuto, in Calabria per un test elettorale ormai alle porte. Poi di ritorno a Roma, dove l’attende un Consiglio dei ministri cruciale, sul tavolo il Documento programmatico di finanza pubblica (Dpfp) con il perimetro della prossima legge di bilancio. In un equilibrio degno di un funambolo: obiettivo tenere a freno gli appetiti di partito mantenendo i conti in ordine. E preservando il rapporto con l’elettorato, impresa non facile dopo tre anni e mezzo alla guida del Paese. La storia insegna.

Per questo a Palazzo Chigi ieri si attendeva con una certa apprensione il risultato di Fdi nelle Marche, sperando di non registrare imponenti flessioni. Complice magari la crisi in Medio Oriente — su cui ha battuto non a caso il centrosinistra con il suo candidato Matteo Ricci — i pro Pal a riempire le piazze e gli studenti ad occupare le scuole da Nord a Sud. Poi in serata il risultato parziale: il partito della premier si attesta attorno al 27,5%, in leggero calo rispetto al 29,1% ottenuto in Regione alle scorse elezioni politiche. Ma è l’astensione — la lettura — ad aver assottigliato la percentuale dei sostenitori: «Giorgia ha tenuto. In barba ai gufi, la spallata non s’è vista».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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