01.10.2025
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Dipartimento del Sud, dai commissari al ministro “ombra”. Oltre 8 miliardi di investimenti


Sopprimere la struttura di missione della Zes unica per il Mezzogiorno per dare vita a un dipartimento ad hoc che curi l’attuazione delle funzioni previste dal Dpcm datato 7 luglio 2025. Vale a dire quelle delegate al sottosegretario al Sud Luigi Sbarra. È questo l’ultimo tassello di un lento processo di centralizzazione della governance delle zone economiche speciali, partito due anni fa con l’istituzione di una Zona unica del Mezzogiorno al posto delle otto preesistenti. E che, con l’emendamento della maggioranza al decreto Terra dei Fuochi, presto potrebbe rendere l’ex leader sindacale della Cisl una sorta di “ministro ombra”, con un ruolo molto simile, secondo alcuni, a quello svolto dai ministri per gli interventi straordinari nel Mezzogiorno durante la Prima Repubblica.

L’EVOLUZIONE

Una mossa che per essere compresa a pieno, richiede di andare a ritroso fino al 2017. Quando il governo Gentiloni, su spinta dell’allora ministro per la Coesione e il Mezzogiorno, Claudio De Vincenti, aprì la strada al percorso di istituzione di zone economiche, in regioni “meno sviluppate” o “in transizione” che avrebbero goduto di benefici fiscali e semplificazioni burocratici. Con una regola: la presenza al loro interno di almeno un porto di rilevanza nazionale. Otto le Zes messe in piedi da lì al 2021. Tra le prime istituite, la Zes Calabria, Campania e la Ionica. A seguire la Zes Adriatica (con l’inclusione di parte della Puglia e del Molise), due per la Sicilia (orientale e occidentale) e infine le Zes Sardegna e Abruzzo.

Territori diversi, ciascuno con un proprio piano strategico da presentare e con un commissario straordinario, nominato dal governo, a cui far riferimento. Questo fino a fine 2023, quando il governo Meloni ha deciso di invertire la rotta: una Zes unica per il Mezzogiorno (che da poco include alle zone già annesse anche Umbria e Marche), la cui organizzazione, più che a singoli commissari, sarebbe stata demandata a un’apposita struttura di missione presso la presidenza del Consiglio dei ministri, tenendo fede al Piano strategico Zes unica, sulla base di una programmazione triennale. Una scelta necessaria, stando all’allora titolare del dossier, il ministro Raffaele Fitto, per ridurre le disomogeneità a livello regionale (di qui la scelta di istituire uno sportello unico digitale per le procedure di avvio di attività economiche o l’insediamento di attività industriali), ma anche per coordinare meglio le risorse europee e nazionali, dal Pnrr alla Coesione.

IL TESORETTO

Un plafond ben più cospicuo rispetto a quello a disposizione nel 2017 e che ha permesso di ampliare la platea delle imprese beneficiarie di credito di imposta per gli investimenti realizzati per beni strumentali e strutture produttive ubicate all’interno di Zes uniche, estendendo gli incentivi anche al settore dei prodotti agricoli, della pesca e dell’acquacoltura. Agli iniziali 1,8 miliardi stanziati nel 2023, ne sono stati aggiunti ulteriori 1,6 nell’anno successivo, per un totale di 3,4 miliardi. A questi vanno sommati i 50 milioni per l’agricoltura, i 563,5 milioni della missione inclusione e coesione del Pnrr e altri contributi infrastrutturali. Se è difficile quantificare esattamente questo tesoretto, c’è anche chi, come il Forum Ambrosetti, nel Libro bianco pubblicato ad aprile scorso, ha provato a dare una prima stima concreta degli impatti: «Complessivamente dalla sua costituzione (gennaio 2024) — si legge — nella Zes unica sono stati attivati 8,5 miliardi di euro di investimenti, di cui 3,4 miliardi derivanti dal rilascio delle autorizzazioni e 5,1 miliardi derivanti dalla concessione del credito di imposta». A cui vanno però aggiunti gli ulteriori impatti economici ed occupazionali conseguenti agli investimenti, «declinabili in impatto indiretto e indotto». Per il think tank, nel dettaglio, l’incremento degli investimenti sarebbe del 73,7% rispetto alle otto Zes. Con ricadute occupazionali che superano il 90%.

Dati che si sommano al plafond a disposizione e che faranno del prossimo dipartimento per il Sud, guidato da Luigi Sbarra, una sorta di ministero ombra dotato di un vero e proprio portafoglio, e di un certo peso politico. Soprattutto nel Mezzogiorno.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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