L’Italia può portare il deficit sotto il 3 per cento del pil già a fine 2025. Se questo scenario dovesse concretizzarsi, nella prossima primavera la Commissione europea potrebbe avviare l’uscita del Paese dalla procedura per disavanzo eccessivo. Finora, l’ipotesi che l’indebitamento italiano potesse rientrare a stretto giro all’interno dei parametri europei era un auspicio, o al massimo un’ipotesi avanzata da alcuni commentatori — seppur autorevoli — come la presidente della Banca centrale europea Christine Lagarde.
Il ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, invece, non era mai stato così netto come ieri a Copenhagen, a margine della riunione informale dei titolari Ue delle Finanze: «È possibile», ha spiegato ai giornalisti che chiedevano della possibilità di fare meglio delle previsioni del governo stesso.
Giorgetti, il ministro dopo Fitch
Il titolare del Mef non ha nascosto rischi e incertezze legati al quadro internazionale e ai dazi. «Vediamo come andrà il terzo trimestre», ha aggiunto. Domani, l’Istat presenterà l’aggiornamento sui conti economici nazionali e il governo avrà un quadro più chiaro in vista della stesura delle nuove previsioni macro-economiche e della scrittura della legge di Bilancio. Ma, già da adesso, per il ministro l’uscita della procedura «è un’opportunità storica, e penso che debba essere colta».
Giorgetti si è mostrato tranquillo all’indomani della promozione di Fitch che venerdì sera ha alzato a BBB+ il rating italiano. Una promozione che ha fatto dire alla premier Giorgia Meloni: «Un chiaro segnale di fiducia dai mercati internazionali: stabilità politica, politiche economiche credibili e sostegno a chi crea lavoro e ricchezza stanno dando i loro frutti». L’Italia, ha aggiunto il vicepremier e ministro degli Esteri, Antonio Tajani, «dimostra di essere un Paese credibile, serio, affidabile».
LE NORME UE
Che il deficit italiano possa andare meglio rispetto al target del 3,3% indicato ad aprile con il Documento di economia e finanza è un giudizio ormai condiviso. Secondo Fitch, sarà al 3,1%. L’ambizione del governo è di fare anche meglio. Se l’Italia dovesse centrare il risultato, si potrebbe procedere con lo stop alla procedura europea attivata nel luglio dello scorso anno dopo il venir meno della sospensione delle regole di bilancio, congelate durante la pandemia. Proprio la risposta al Covid aveva spinto l’allora governo Conte II a mettere in campo interventi pubblici tali da far schizzare l’indebitamento. Secondo quanto riferito dall’Ansa, la Commissione sarebbe pronta a favorire l’uscita dell’Italia dalla procedura, con una certa discrezionalità sulle regole del cosiddetto «braccio correttivo» del Patto di stabilità. La condizione, tuttavia, è che ci siano proiezioni future «credibili e sostenibili» sul deficit, che dovrà rimanere dentro il limite del 3%, previsto dalla norme di bilancio comunitarie.
LA LEGGE DI BILANCIO
I conti pubblici in ordine aiutano il governo nel predisporre la prossima manovra. E lo stesso fa il giudizio di Fitch. Sull’ipotesi di ridurre l’Irpef, portando la seconda aliquota al 33% Giorgetti non chiude: «Tutta questa disciplina nella finanza pubblica serve a ridurre il carico fiscale sugli italiani», ha detto ieri intervistato al Festival di Open, «confido di portare dei risultati in questo senso».
Occorrerà però trovare un equilibrio: per non «scassare il bilancio», tutto sarà fatto «tenendo i conti in sicurezza». Sulla pace fiscale, invece, i tecnici del Mef sono al lavoro su «un metodo per rendere il carico sostenibile e far sì che le rate non diventino impossibili da mantenere». Il ministro promette, invece, «un po’ di guerra» a chi «la pace fiscale non vuole farla». Quindi agli evasori.
Anche sulle spese in difesa, che andranno adeguate ai nuovi impegni Nato, la garanzia è che non comporteranno tagli al welfare o alla sanità: «Non è assolutamente immaginabile», ha spiegato Giorgetti, «al massimo, si può lavorare su un trattamento diverso sulle spese per la difesa, come fatto dall’Europa».
Dal palco di Open il ministro ha dato un nuovo «pizzicotto» alle banche. Da settimane si parla di un nuovo contributo richiesto agli istituti: «Lo standing del sistema bancario italiano è migliorato in questi anni anche per merito del governo».
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