21.09.2025
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Politics

la coalizione indichi il premier


LA STRATEGIA

ROMA «Accelerare». È questa la parola d’ordine che ritorna con più insistenza, nella maggioranza, quando si tira in ballo la modifica della legge elettorale. Un passaggio che in molti ritengono ineludibile, soprattutto dopo le parole lanciate dal palco della Festa dell’Unità da parte della leader del Pd, Elly Schlein: «Uniti e compatti vi batteremo, prima alle regionali e poi alle politiche, non ve lo faremo più il favore di dividerci». L’attuale sistema del Rosatellum, nel caso di due fronti uniti contrapposti, potrebbe, in effetti, riservare qualche chance per il centrosinistra. Per questo, spiega un maggiorente del centrodestra, «sulla legge elettorale o si inizia ora o il rischio è che poi sia troppo tardi». Nessun tavolo ufficiale in vista, almeno per ora. Anche se, riferiscono fonti della maggioranza coinvolte nel dossier, un nuovo sprint potrebbe arrivare subito dopo il via libera alla riforma della separazione delle carriere alla Camera. Il tema, insomma, potrebbe riprendere quota nelle prossime settimane, anche in concomitanza con la ripresa, proprio a Montecitorio, dell’esame in seconda lettura della riforma del premierato. Si tratterà, chiaramente, di passaggi interlocutori tra “sherpa”, preparatori a un vero e proprio confronto tra leader, che con tutta probabilità potrà esserci dopo le elezioni regionali.

LE LISTE

L’impostazione di massima resta la stessa: un proporzionale con premio di maggioranza per la coalizione che superi il 40% dei voti. Perde quota l’ipotesi di capilista bloccati che, secondo alcuni, potrebbe andare incontro persino a incostituzionalità. Mentre, soprattutto in Fratelli d’Italia, si continua a caldeggiare la costituzione di mini-listini, per incentivare la vicinanza ai territori, o un sistema di preferenze agevolate, come è per il modello toscano, con i nomi indicabili già stampati sulla scheda.

C’è poi anche un altro nodo da sciogliere, quello dell’indicazione del candidato premier sulla scheda, prospettiva prevista formalmente all’interno della riforma del premierato, che apre all’elezione diretta del presidente del Consiglio. Prima dell’entrata in vigore, però, il ddl costituzionale dovrà passare il vaglio del referendum costituzionale (non prima della prossima legislatura).

IL NODO

A tornare sul tema, dalla festa nazionale dell’Udc, è stato il leader forzista, Antonio Tajani: «Forse sarebbe meglio far sì che si lasciasse ai partiti la possibilità di correre indicando nel proprio leader la guida del Paese e fermo restando che il partito che prenderà più voti avrà il diritto di indicare il presidente del Consiglio». Una prospettiva molto simile a quella prevista dal sistema attuale. Ma che, ragionano da via della Scrofa, finirebbe per togliere al centrodestra un vantaggio competitivo. È infatti sull’indicazione della leadership che emergono i maggiori distinguo all’interno del campo largo. Con il presidente del Movimento 5 stelle, Giuseppe Conte che, ancora domenica, mentre la segretaria dem predicava unità, dalla Festa del Fatto ha ripetuto che con il Pd non c’è un’alleanza, ma un progetto in corso per «mandare a casa Meloni». Con una notazione a margine che non fa intravedere facile passi di lato in favore di Schlein: «Siamo una forza diversa, abbiamo una vocazione diversa rispetto all’idea della Quercia con i cespugli intorno».


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