19.09.2025
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Politics

«Un italiano esemplare». E cita Martin Luther King


Non era un «eroe», Willy Monteiro Duarte. Chiede di non raccontarlo così la madre Lucia: «Ricordatelo come un ragazzo semplice, che dava grande importanza all’amicizia, che era amico di tutti». Tanto da pagare con la propria vita per difendere quella di un compagno. No: Willy, il giovane cuoco di origini capoverdiane di ventun anni picchiato a morte a Colleferro il 6 settembre 2020, era semplicemente «un nostro ragazzo». Lo definisce così Sergio Mattarella. Nostro, italiano. Anzi «un italiano esemplare», lo ricorda il capo dello Stato. Che usa – non a caso – il presente: «Willy è un nostro ragazzo», perché la sua memoria è ancora viva, «perché non vogliamo dimenticare».

LA PIAZZA

Lo testimoniano gli oltre tremila bambini e ragazzi che all’arrivo del corteo presidenziale sventolano tricolori e intonano l’inno d’Italia in quella stessa piazza in cui Willy fu brutalmente assassinato. E che cinque anni dopo è diventata uno spazio verde, un luogo che ora porta il suo nome: «Piazza Willy Monteiro Duarte».

Cinque anni in cui Mattarella non ha mai fatto mancare la propria vicinanza. Prima col riconoscimento alla memoria della medaglia d’oro al valor civile per Willy. Poi con l’istituzione della giornata del rispetto, il giorno del suo compleanno. Infine ieri, con l’incontro in forma privata con la madre e la sorella del ragazzo e la cerimonia per ricordare un giovane che «voleva evitare la violenza, e la violenza, invece, è esplosa contro di lui».

A Colleferro l’atmosfera è commossa. Il presidente depone una corona di fiori sotto il monumento per Willy, stringe forte le mani a Milena e Lucia Monteiro. Lei quasi non ce la fa a concludere il suo intervento: «Nel nostro grande dolore abbiamo sentito l’abbraccio dell’Italia intera». Non c’è ombra di rabbia, nelle sue parole. Nonostante il destino giudiziario dei fratelli Marco e Gabriele Bianchi, condannati all’ergastolo e a 28 anni dall’ultima sentenza di appello-bis, dopo quattro verdetti non sia ancora definitivo. «In questi cinque anni abbiamo cercato di mandare un messaggio di pace», dice. «Perché l’odio e la vendetta generano solo altro dolore, e impediscono di vedere le cose belle».

È lo stesso messaggio che Mattarella consegna poco dopo. Facendo sue le parole di Martin Luther King, che «ripeteva che l’odio moltiplica l’odio e la violenza moltiplica la violenza». Vale nella società e nell’azione di ciascuno, dei giovani in particolare. Ma vale anche, per Mattarella, sullo scacchiere globale, nei rapporti tra Stati. Violenza genera violenza. «È così, all’interno delle società e nel mondo, la pace, anche a livello internazionale, nasce da questo modo di pensare e di comportarsi». Così come vale l’insegnamento di Benedetto Croce, da ricordare «ai giovani come agli adulti, e forse particolarmente agli adulti: la violenza non è forza ma debolezza». E chissà che in mente l’inquilino del Colle non abbia le immagini che arrivano dal Medio Oriente, da quell’invasione dei territori palestinesi che aveva deplorato solo pochi giorni fa. O quelle che che hanno sconvolto gli Usa, dell’omicidio dell’attivista trumpiano Charlie Kirk. Il monito, pur senza riferimenti diretti, è netto: «Nelle società del mondo di oggi ritorna la diffusione di un clima di avversione, di rancore, di reciproco rifiuto che spesso, come si legge nei recenti fatti di cronaca, sfocia nella violenza e giunge all’omicidio». Per questo bisogna «guardare alla violenza del nostro tempo per contrastarla, per sconfiggerla».

Una violenza che si manifesta anche con le «parole di odio» spesso «amplificate sui social e non soltanto su di essi». E accompagnate da «narrazioni create per generare sfiducia, paura, risentimento» o «per provocare divisioni, conflitti, scontri». Ma nelle parole del capo dello Stato si legge pure un richiamo contro il bullismo, contro la prevaricazione che affligge tanti giovani. «Il diverso da sé stessi viene visto come un nemico da combattere e da abbattere. La violenza rischia così di diventare ordinaria, banale».

L’INDIFFERENZA

Quella banalità del male che il sindaco di Colleferro, Pierluigi Sanna, negli ultimi cinque anni ha lavorato duramente per arginare, investendo in cultura un terzo del bilancio del comune. «Abbiamo pianto, provato dolore. Ma poi abbiamo reagito e oggi siamo diversi, migliori. E la cura che abbiamo scelto è quella di aprire palestre, due biblioteche, un teatro impianti sportivi. Combattere l’odio con l’incontro». Cita il passo del Vangelo, il primo cittadino: «Se il chicco di grano muore, produce molto frutto. Una frase che ci siamo detti spesso, con Lucia: il dolore enorme per la perdita di Willy può essere ripagato, almeno in parte, dalla scelta di mettere il suo sacrificio a servizio dell’educazione di tanti altri ragazzi». È anche così che non si dimentica. E «non dimenticare – chiosa Mattarella – vuol dire non essere indifferenti. L’indifferenza è negativa e spregevole come la violenza». Willy non è rimasto indifferente. Ed è anche questo, agli occhi del presidente della Repubblica, che fa di lui un italiano esemplare.

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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