Tre candidati in cerca di autore. Un vertice fra leader che rotola in là e chissà se si farà in settimana. Il grande rebus Veneto. Si fa aggrovigliata la matassa delle Regionali in casa centrodestra. Giorgia Meloni è decisa a districarla e in fretta. Senza aspettare l’esito del voto, a fine settembre, nelle Marche, la Regione-Ohio che può spostare gli equilibri, dove il meloniano doc Francesco Acquaroli, governatore uscente, sfiderà il dem Matteo Ricci. «I nomi dei candidati saranno scelti prima del voto nelle Marche» confermava ieri a Sky Tg24 Galeazzo Bignami, capogruppo alla Camera di Fratelli d’Italia. Insomma si chiuderà presto. Già, ma quando? L’atteso vertice fra leader della coalizione continua a slittare. Meloni potrebbe incontrare i vice Salvini e Tajani e il capo di Noi Moderati Maurizio Lupi a margine del Cdm di giovedì. Fatto sta che per ora le agende sono vuote. «Inutile vedersi se non c’è ancora l’accordo sui nomi», spiega una fonte vicina alla leader di FdI.
IL NODO VENETO
Il primo rebus da sciogliere, si diceva, si chiama Veneto. Ieri è stato proprio Bignami, una prima fila del partito di via della Scrofa, a segnalare un possibile, clamoroso cambio di passo. Meloni è pronta a cedere la Regione locomotiva del Nord-Est a Salvini? Così parrebbe, a sentire il “Fratello” emiliano. Che ai microfoni di Giovanna Pancheri per il dopo-Zaia ha aperto al nome di Alberto Stefani, vicesegretario federale del Carroccio, fedelissimo di Salvini. «È un nome sicuramente importante, più che apprezzabile». E ancora: «Non ragioniamo nell’ottica di dire: FdI è il primo partito e quindi il Veneto lo vogliamo noi, bisogna rispettare il territorio e le autonomie». Via libera dunque a un nome leghista? Non così in fretta. In realtà Meloni non ha rotto gli indugi. Né intende regalare a Salvini un’altra vittoria da sbandierare sul palco di Pontida, oltre alla riforma dell’autonomia che scalda la platea lumbàrd. I giochi non sono ancora fatti. E per Palazzo Balbi restano in pista, in casa Fratelli d’Italia, i nomi di Luca De Carlo e Raffaele Speranzon. Mentre è incerto il destino politico del “Doge” Luca Zaia. Deciso ancora a correre come capolista in Consiglio regionale. «Troveremo un accordo, ognuno compete e punta ad arrivare prima, è normale» butta acqua sul fuoco Salvini che intanto però ha ufficialmente lanciato la corsa di Stefani. Veste i panni del pompiere anche Tajani: «I candidati? Non siamo in ritardo, troveremo un nome unitario in Veneto, Puglia e Campania». Identikit, questi ultimi, ancora da trovare. In Puglia tutto converge, per la mission-impossibile di sfidare il recordman di preferenze Antonio Decaro, sul nome del forzista Mauro D’Attis. Nella Regione governata finora dallo “sceriffo” De Luca invece il centrodestra medita di schierare un civico contro Roberto Fico. Tre in pole: Giosy Romano, commissario della Zes, il rettore della Federico II Matteo Lorito e il prefetto di Napoli Michele Di Bari. In salita invece la candidatura di Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri di FdI, come pure l’ipotesi Mara Carfagna.
Ma sono tante le suggestioni che si inseguono in casa centrodestra. Nel primo pomeriggio di ieri, ad esempio, una berlina ha fatto il suo ingresso a Palazzo Chigi. Sul sedile passeggeri un campano “illustre”, tra i più noti e influenti. Che ci faceva Aurelio De Laurentiis nel palazzo della premier? Non sarà che qualcuno vuole tentare il presidente del Napoli e trascinarlo in campo? «Ma no…» sorride chi lo conosce, «sarà andato a parlare dello stadio da costruire, come ha fatto a luglio incontrando Fazzolari». Chissà.
LA LEGA E VANNACCI
Sono ore frenetiche. I partiti alle prese con crucci e grane interne, prima di sedersi al tavolo e cercare la quadra. Vedi la Lega dove è (ri)esploso il caso Vannacci. Ieri contro il generale del “Mondo al contrario”, dopo gli altolà dei veterani Attilio Fontana e Massimiliano Romeo, si è scagliato Gian Marco Centinaio, vicepresidente del Senato. «Se continua a muoversi in questo modo, il rapporto non si recupera — l’affondo a La Stampa — Vannacci inizi a rispettare le regole della Lega, se non gli vanno bene, faccia il suo partito». In serata il ramoscello d’ulivo dell’ex Parà, oggi europarlamentare: «Andiamo avanti insieme». Difficile che finisca qui.
Ora testa alle Marche, la posta in palio che può cambiare l’esito del match governo-opposizioni. A sinistra ostentano serenità sulla corsa di Ricci. E fanno notare che loro sì, hanno già chiuso su sei candidati unitari. Da Decaro in Puglia a Tridico in Calabria. Dove è scoppiato il caso Mimmo Lucano: il sindaco di Riace, condannato per falso a 18 mesi nel processo Xenia con pena sospesa, non potrà correre alle Regionali, è il verdetto emesso dalle Commissioni elettorali dei Tribunali di Reggio Calabria e Cosenza.
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