Ci sono quelli che non vanno via. Gli Emiliano, Vendola e De Luca, e ci sono quelli che erano spariti e invece rieccoli nell’ riproposizione eterna della politica d’antan e nella nostalgia, a volte autoprodotta e non richiesta, per come eravamo. Il rieccolo per antonomasia, è stato Amintore Fanfani — questo soprannome glielo affibbio Indro Montanelli — e la sindrome dello statista Dc, quella del “cavallo di razza”, adesso sembra diffondersi in molti ex leader o ex politici che, presumendo di avere migliore pedigree degli attuali politici, hanno deciso di riproporsi. Di smetterla di sparire. Di riesserci sulla base della convinzione secondo cui ci sarebbe ancora bisogno di loro, almeno a livello mediatico, di partecipanti al circo del Palazzo e intorno al Palazzo, o comunque i nuovi sono già vecchi e allora meglio i vecchi-vecchi come noi. Gli anti-nuovisti, gli eterni, i non vi libererete mai di noi e insomma a volte ritornano sono sempre di più.
Perfino Rosy Bindi, che fu ministra della Salute e che poi ha praticato con dignità la propria sparizione, ricompare con un libro che va a inserirsi nel cuore della polemica politica e della prossima contesta elettorale tra Meloni e Schlein che molto si giocherà sul tema di cui parla il saggio della ex dirigente del centrosinistra. Il titolo del libro di Bindi è infatti questo: “Una sanità uguale per tutti” (Solferino editore).
L’ETERNO CLEMENTE
In grande spolvero è anche Clemente Mastella. Lo chiamano tutti nella sua casa di Ceppaloni perché hanno bisogno non solo dei suoi consigli ma anche dei suoi voti. Nel revival filo-democristiano, e nell’imminenza delle elezioni regionali in Campania, il simbolo di una certa politica mediatrice e sapiente, e soprattutto molto territoriale, sa di avere molte carte da giocare. È assediato da richieste d’intervista e se la ride: «Non sono mica un campione». Ma tutti lo trattano come tale e a lui, che è un moderato, moderatamente non dispiace.
Ha messo in pista per le Regionali in Campania suo figlio Pellegrino (ne ha anche un altro, Elio, più una moglie celebre: Sandra) e a chi lo interpella l’ex ministro della Giustizia (governo Prodi) risponde così: «Ovunque vada, con chiunque io parli, non sento che rimpianti da parte dei cittadini che fanno paragoni con questi di oggi e non vanno più a votare: non ne possono più dei partiti ectoplasmi».
Mastella è un tipo ilare e coraggioso, Sandro Bondi — ex ministro a sua volta, con Berlusconi, al dicastero della Cultura — è il suo opposto. Curiale e senza voti. Ma a suo modo vuole riesserci anche lui. Deve sentire a sua volta un senso di superiorità rispetto ai nuovi che sette anni dopo l’abbandono della politica e l’eclissi personale («Desidero soltanto farmi dimenticare») ieri si è ripresentato in pubblico, insieme alla moglie ed ex parlamentare forzista Manuela Repetti, a un evento di Fratelli d’Italia. Ossia alla scuola di formazione politica della Fiamma organizzata dall’ europarlamentare Mario Mantovani. «Mi interessano la poesia e la filosofia — dice Sandro — e non più la politica. È solo che ho aderito all’invito di un caro amico, Mantovani, a questo appuntamento». Ma tutto è politica se c’è di mezzo la politica. Anche Vendola, altro rientrante, dice di essere un poeta e in effetti lo è — genere pasoliniano e a lui è stato affidato il ricordo di PPP alla festa nazionale dell’Unità a Reggio Emilia — ma ritornando in scena come candidato Avs alle Regionali in Puglia non lo fa in quota Gozzano, grande poeta crepuscolare, o Saba o Lorca, o appunto PPP, ma come aspirante a una poltrona e a uno stipendio.
L’ex super berlusconiano Bondi riappare un po’ in chiave anti-berlusconiana («Il Presidente non amava la politica») e un po’ in chiave eravamo meglio noi: «Dopo la fine di Berlusconi siamo sprofondati». Il fatto che la sua Manuela sei entrata in FdI racconta però che dopo lo sbandierato furoriuscitismo dalla politica la Bondi Family sembra orientata a un neo-entrismo nella politica forse dettato dal motivo, campa di accomunare tutti i Rieccoli di ogni colore, che è meglio non essere dimenticati piuttosto che praticare l’assenza. E siccome essere è tempo, come insegna Martin Heidegger e come sanno bene i poeti-filosofi Vendola e Bondi, è meglio esserci in questo tempo che non esserci. Anche perché tutti gli altri ci sono e chi sono Io — con la maiuscola — per non esserci?
I RAPPORTI INTERNAZIONALI
È un po’ la filosofia dalemiana. È stato immortalato nella parata anti-Occidente allestita in Cina da Xi con Putin, il dittatore nord coreano, gli iraniani e i bielorussi, e con tutti gli altri avversari dell’Europa e della democrazia, ma rivendica la sua scelta l’ex premier e segretario dei Ds: «Quella galleria di personaggi non mi piace, ma con loro bisogna parlare ed è grave che l’Europa non abbia partecipato a quell’evento». Insomma, il Comandante Max non molla la ribalta, sceglie quella global e non quella quella local ma lo spirito che sta alla base del revival è uguale per tutti: non vi libererete mai di noi.
Ed è una impostazione che dimostra quanto la politica sia per tanti una fatto cromosomico, una passione insopprimibile, uno slancio generoso e una professione (vade retro neofiti e improvvisati!) ma è allo stesso tempo una ribalta difficile da lasciare. I consoli dell’Antica Roma facevano, in un tempo breve, da sfruttare al massimo quanto il tempo era dato, e poi si ritiravano, sparivano e spesso venivano pregati di tornare in attività ma rifiutavano. Poi lungo i millenni, e in Italia soprattutto, si sarebbe andata perdendo quell’arte coraggiosa e complicata del sapere uscire di scena. Che è solo degli attori veramente grandi. Lo sapeva bene l’immenso Charlie Chaplin che diceva: «Saper andar via è tutto. Non concedere mai un bis a chi non lo merita».
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