24.08.2025
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Politics

Tregua Ucraina, Meloni valuta il blitz a Washington domani con Zelensky. Gelo con Macron sulle truppe Ue


Vuole «tempi certi» per una tregua perché fidarsi delle promesse di Putin è un azzardo e una pace senza data rischia di prolungare la guerra in Ucraina «in eterno». Insiste sulle «garanzie di sicurezza» della Nato e prepara un possibile viaggio a Washington, domani, per varcare il colonnato della Casa Bianca insieme a Zelensky e i leader europei. Giorgia Meloni si collega di prima mattina alla telefonata con Donald Trump. Il presidente americano ha appena finito di aggiornare il leader ucraino sui colloqui in Alaska. Ed ecco sugli schermi apparire la premier italiana insieme a Merz, Macron, Starmer, Tusk, il finlandese Stubb, von der Leyen e il segretario della Nato Rutte.

Sono ore di grande apprensione. Parla Trump. Spiega che Putin preferisce «un rapido accordo per la pace» al cessate il fuoco immediato e tutto sommato a lui sta bene così. «Un triplo salto carpiato», commenta amara una fonte diplomatica europea: fino a 24 ore prima il Tycoon faceva dello stop ai combattimenti il primo punto in agenda. Meloni parla tra i primi. Ringrazia l’alleato americano per gli sforzi messi in campo. Prende atto con soddisfazione che ha sposato una proposta da lei avanzata nei mesi scorsi: estendere all’Ucraina una sorta di “articolo 5” della Nato, ovvero il patto per la difesa collettiva, senza però aprirle le porte dell’Alleanza atlantica.

Un modo per dissuadere Putin da nuove aggressioni armate. Insomma la “ricetta italiana” ora ha il placet ufficiale degli Stati Uniti. Ma non di tutti gli alleati europei ed è qui che si registrano le prime distanze, all’indomani del d-day ad Anchorage. In una seconda telefonata, seguita al contatto con il presidente americano, i leader europei fanno il punto. Si discute di un possibile blitz a Washington, domattina. Trump attende Zelensky e la Casa Bianca avrebbe esteso l’invito ai principali partner Ue.

Oggi Meloni romperà gli indugi insieme agli alleati in una call dei “Volenterosi”. Intanto partono i distinguo. Macron e Starmer, nel vertice ristretto agli europei, rilanciano l’idea di una missione di pace, con truppe sul campo da schierare al confine orientale ucraino. Con o senza il cappello dell’Onu. «Siamo a buon punto del lavoro, andiamo avanti» insistono, tradendo una certa irritazione per il piano “B” caldeggiato da Meloni e Trump che ora rischia di diventare piano A. Ovvero, prima ancora di pensare a missioni e spedizioni, estendere all’Ucraina l’ombrello della sicurezza collettiva della Nato, o qualcosa di molto simile.

IL GELO CON PARIGI

L’Italia ha sempre detto no all’invio di soldati senza il via libera delle Nazioni Unite. La presidente del Consiglio ascolta, poi interviene e si fa capire: «Attenzione a non ignorare i suggerimenti del presidente Trump», il senso del discorso, «dovremmo cogliere l’attimo». Di fatto, un controcanto all’attivismo del presidente francese che da tempo viene accolto con irritazione a Roma.

Oggi pomeriggio la telefonata dei “Volenterosi” servirà ad abbozzare un piano d’azione comune per le prossime settimane. In cima al menù, si diceva, l’idea di un blitz alla Casa Bianca domattina, su invito americano. Meloni ne ha parlato ieri in un round di contatti pomeridiani con gli omologhi Ue e von der Leyen. Sarebbe un’occasione per dare un segnale di unità europea. Ma soprattutto per non abbandonare Zelensky da solo a un incontro nello Studio Ovale che rischia di ripetere almeno in parte lo showdown di febbraio, quando finì a insulti. Il rischio di un aut-aut presentato da Trump all’ucraino è concreto. Per di più le condizioni chieste da Putin ad Anchorage sono considerate irricevibili da Kiev.

Le ha spiegate l’inviato speciale di Trump, Steve Witkoff, nella telefonata con gli europei. Dall’imposizione della lingua russa in Ucraina alla cessione dell’intero Donbass in cambio di un mero cessate il fuoco a Kherson e Zaporizhzhia, lunga è la lista di “diktat” del Cremlino. Zelensky resta prudente nella call con Trump. Evita di strappare con l’uomo che, piaccia o no, ha in mano le redini della trattativa. Meloni gli fa sponda e invita Trump a mettere alle corde Putin. Di una pace senza impegni e scadenze non c’è da fidarsi.


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