I trattamenti di fine servizio e di fine rapporto non devono essere dati per scontati. Una delle conseguenze della sanatoria contributiva delle pubbliche amministrazioni sarà il possibile ricalcolo del Tfr e del Tfs avuti dai dipendenti pubblici andati in pensione. I più esposti sono proprio i pensionati che hanno già percepito le somme dovute, le cui retribuzioni di riferimento possono subire sforbiciate una volta trasmessi i nuovi dati all’Inps.
La sanatoria, prevista dalla manovra del 2024, vuole infatti sistemare le posizioni assicurative dei dipendenti precedenti al 2005, attraverso l’invio di “denunce mensili” che, in molti casi, possono portare a ricalcoli. Fino a oggi diversi conti assicurativi erano stati alimentati manualmente, anche a ridosso della pensione, per colmare eventuali vuoti informativi. La misura prevista con la legge di bilancio è un modo per fare ordine, il cui prezzo è però quello di andare a toccare, anche se soltanto in alcuni casi, importi già liquidati.
IL MECCANISMO
Al gioco dei conteggi, al lavoratore può andare bene oppure può andare male. Nella seconda ipotesi, il rischio non è soltanto quello di iniziare a ricevere un assegno più basso (per chi è andato in pensione da più di tre anni, quelli di lunga data sono salvi). Il timore potrebbe essere di vedersi recapitare a casa una nota di debito per spiegare le ragioni dell’accertamento e, successivamente, di dover restituire le somme conteggiate in più.
Pagamenti che potranno essere fatti in un’unica soluzione o a rate, spiega l’Inps. E nel caso in cui il pensionato decida di non pagare, il rischio è di subire trattenute sull’assegno previdenziale. Per le pensioni più alte, a rispondere e a dover pagare sono invece le amministrazioni pubbliche che hanno sbagliato. Nel caso delle liquidazioni, tutto cambia. Per i pensionati dell’ex gestione Enpas, ossia i dipendenti statali, delle due Camere o appartenenti alle Forze armate, il cui trattamento di fine servizio è basato sull’ultima retribuzione, basterà una riduzione al ribasso per far scattare il ricalcolo. Lo stesso vale per il Tfs dei dipendenti degli enti locali, basato sugli ultimi 12 mesi di servizio.
Per il trattamento di fine rapporto degli iscritti alla Gestione dipendenti pubblici, a far scattare il ricalcolo sarà soltanto la variazione dell’importo della retribuzione valutabile e, in alcuni casi, spiega l’Inps, della retribuzione teorica tabellare del primo e dell’ultimo mese di lavoro.
I TEMPI
L’eventualità di dover ridare indietro i soldi è legata ai tempi della prescrizione. Per i dipendenti degli enti locali che un tempo erano sotto l’Inadel, la prescrizione scatta dalla data di liquidazione del trattamento di fine servizio. Da allora partono i dieci anni entro i quali l’Inps può fare il ricalcolo e chiedere la restituzione delle somme non dovute. Lo stesso varrà per il Tfr. Anche in questo caso, per un periodo di dieci anni, l’Inps può ricalcolare la prestazione se arrivano nuove denunce mensili o variazioni.
La finestra si restringe invece per i dipendenti statali che un tempo erano sotto l’Enpas, poi confluita nell’Inpdap e, a sua volta, inglobata da Inps. Per loro, in teoria, la prescrizione è di cinque anni. Il calcolo parte dalla data del provvedimento con cui l’Inps, e prima ancora l’Inpdap, ha emanato il provvedimento per liquidare le somme. Tuttavia, in caso di errori di fatto o di calcolo, la riliquidazione è possibile entro un anno dal provvedimento. Se vengono scoperti falsi, il termine è di 60 giorni da quando emergono le nuove evidenze. Nella pratica, quindi, se l’Istituto nazionale di previdenza scopre oggi un errore di calcolo su un Tfs liquidato ex Enpas tre anni fa, non può più correggere e chiedere indietro soldi. Questo, a meno che non si tratti di documenti nuovi o falsi scoperti da meno di 60 giorni. Tradotto: per molti, soprattutto se la liquidazione è recente, il rischio è concreto per un arco di tempo lungo.
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