14.08.2025
12 Street, Rome City, Italy
Science

«Non è solo per i prezzi». Così cambiano i rituali delle vacanze


Chissà, un giorno ricorderemo le vacanze in spiaggia come le musicassette, le pellicole fotografiche e le cabine telefoniche. «Per vedere qualcuno che si ferma per molte ore in spiaggia devi cercare i surfisti. Altrimenti, di famiglie che trascorrono l’intera giornata sulla sabbia, come succedeva anche solo prima della pandemia, ne vedi poche» racconta Francesco, 43 anni, romano. Non sta parlando di Ostia o di Coccia di Morto, ma della costa di Cadice, nel Sud-Ovest della Spagna, dal punto di vista naturalistico una delle perle della penisola iberica. Per ragioni familiari lui ha trascorso molte estati tra Tarifa e Cadice.

POCHI GIORNI

«E anche qui constati il cambiamento — racconta — incide la crisi economica: le famiglie spagnole hanno meno soldi da spendere, ma vale solo fino a un certo punto, perché qui in fondo in gran parte è spiaggia libera. C’è anche altro: gli appartamenti si affittano anche solo per pochi giorni, una volta minimo per due settimane; se non hai figli piccoli che sulla sabbia ancora si divertono, la prospettiva di inchiodarsi per 8 ore al giorno, per due settimane, in spiaggia come si faceva un tempo non interessa più nessuno».

Prima della pandemia i quotidiani inglesi hanno pubblicato un sondaggio dal quale emergeva che il 70 per cento dei britannici in spiaggia si annoia. Era stato commissionato da una società che noleggia le auto, dunque la sua attendibilità è fragile. Però è indubbio che il modello della «vita da spiaggia», inchiodati ai teli o agli sdraio, è in ritirata in tutta Europa. Non significa che le spiagge siano deserte, ovviamente, ma i pienoni del passato sono meno frequenti. Ancora Spagna, spostandosi da Ovest verso Est: i racconti sono simili. A Benidorm ad esempio i media raccontano della crisi di una località simbolo e di spiagge desolate. Ma anche nelle Baleari, a Ibiza, il refrain è quello. Spiega Lucia, 40 anni, che lavora nel settore alberghiero: «I turisti ci sono, gli hotel sono pieni. Ma difficilmente li vedi in spiaggia per molte ore, preferiscono visitare l’isola in sella agli scooter o con le macchine a noleggio, andare a vedere la puesta del sol, il tramonto, trovare gli scorci per scattare le foto da pubblicare su Instagram. Dieci anni fa in agosto a playa de Las Salinas non trovavi un centimetro libero, oggi non succede, anzi. E vale anche per noi ibizenchi: un tempo con gli amici andavamo per ore a prendere il sole non appena avevamo il giorno libero, oggi al massimo lo fai due o tre volte durante l’estate». 

Non è solo un cambiamento di abitudini spagnolo e italiano, alimentato dal fattore economico e dai prezzi troppo alti per l’ombrellone o il mojito in spiaggia. Coinvolge tutti i vacanzieri europei e, di conseguenza, le diverse località, anche quelle emergenti come la Croazia
Qui il boom del turismo sta avendo un rallentamento a causa dei costi troppo alti, si cominciano a vedere i lidi semivuoti e anche il primo ministro Andrej Plenković ha lanciato un appello agli operatori turistici perché si tenga conto della «competitività dei prezzi del turismo croato, in modo che sia accettabile per i turisti». Stessi segnali per l’Albania

Perfino in Grecia si avvertono a macchia di leopardo i segnali del modello in crisi. Esempio: Santorini paradossalmente paga la sua fama di meta dell’overtourism, dell’eccesso di affollamento (oltre che dall’impatto delle notizie di qualche mese fa sull’attività sismica). C’è un altro doppio elemento a ridurre il fascino della spiaggia: il cambiamento climatico e la destagionalizzazione. Le temperature non invogliano a piazzarsi per otto ore sulla sabbia sotto il sole; chi può, chi non è legato al calendario scolastico dei figli, tende a diversificare, spezzettare e piazzare in diversi mesi dell’anno le vacanze.

COOL

L’altro giorno il Financial Times ha pubblicato un servizio dal titolo: “For sun-and-sea holidays, October is the new August”, cioè “Per le vacanze di sole e mare, ottobre è il nuovo agosto”: cita la tendenza delle cosiddette “coolcations”, significa vacanze in destinazioni con climi più freschi o in periodi meno caldi, per evitare i 40 gradi di molte località del Sud Europa. Se si guardano i sondaggi in diverse nazioni europee, dal Regno Unito alla Germania, è costante la risposta. La maggioranza (specialmente i giovani) preferisce nuove formule di vacanze: i viaggi avventurosi in Oriente come in America Latina, i fine settimana in città europee con il volo low-cost, il trekking. I giorni di ferie e i conti in banca non sono infiniti e quindi dedicare due settimane alla vita da spiaggia è meno allettante in tutta Europa. Osserva il professor Marco Grumo, direttore del Corso Executive in International Tourism & Hospitality Management dell’Università Cattolica di Milano: «Si sono ridotti i periodi di permanenza nelle località balneari: nelle settimane a cavallo di Ferragosto c’è una fiammata, ma a luglio ad esempio la situazione è molto differente. Negli anni ’70 le vacanze duravano mediamente tre settimane. Oggi questa durata si è molto ridotta e in alcuni casi si trascorre la vacanza andando meno in spiaggia. A questo aggiungiamo che le famiglie con bambini sono sempre meno e dunque si preferiscono esperienze più dinamiche. Però è indubbio che i prezzi alti, soprattutto quelli alberghieri e per il noleggio di ombrelloni e lettini, influiscano negativamente sull’attrattività della spiaggia».


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]