14.08.2025
12 Street, Rome City, Italy
Sports

«Mi diverto a battere i maschi. Come ho festeggiato dopo la vittoria dei 100 metri? Con hamburger e patatine»


Il day after è stato da sogni d’oro per Kelly Doualla, la nuova campionessa europea under 20 che a Tampere, in Finlandia, ha vinto a soli 15 anni. Nessuna c’era riuscita così giovane nei 100 metri.

Kelly, allora questa storia dei velocisti pigri effettivamente va avanti.

«Ho dormito tanto e avrei voluto farlo anche di più. Mi sono addormentata abbastanza tardi, forse ero ancora piena di adrenalina».

È vero che ha fatto un riposino anche prima della finale?

«Sì, dovevo recuperare le energie tra la batteria e la semifinale e c’erano tante ore di attesa. Il riposino pomeridiano non deve mai mancare: tutti i giorni, dopo scuola e prima degli allenamenti».

Si sta rendendo conto di quello che sta facendo, oppure è talmente focalizzata sulle gare da non accorgersene?

«La seconda. Non penso al fatto che una quindicenne di solito non fa questi tempi. Si sono abituate le persone accanto a me e mi sono abituata anch’io».

Come ha festeggiato?

«Mangiando un hamburger con le patatine al McDonald’s».

Torniamo agli attimi prima della gara: dalla call room all’arrivo.

«In call room non ero ancora tanto ansiosa e io l’ansia la controllo ridendo. Quindi se vedete tutti concentrati e io che rido è perché sto cercando di controllare le mie emozioni. Mi immagino delle canzoni perché non posso portarmi le cuffie. Così cerco di controllare me stessa e le mie emozioni».

Sentiva la tensione di essere la favorita?

«Abbiamo fatto la prova del blocco e lì ero abbastanza tranquilla, visto che continuavo a ridere. Sentivo il tifo di tutti i miei compagni in tribuna che hanno aiutato tantissimo. Una volta che è caduto il silenzio, la “tachicardia” si sentiva, ma ho cercato di controllarla perché sapevo che ero messa bene dopo le sensazioni nel riscaldamento. Sono partita e sono riuscita a fare quello che doveva uscire».

Ha pensato all’oro o anche al tempo?

«Il tempo non era uno degli obiettivi perché fa freddo, qui. L’importante era la posizione».

Dopo il traguardo ha cacciato un urlo.

«Sì, avevo promesso a mio fratello che avrei esultato per una volta e questo era il posto giusto per farlo. Ho sfogato le mie energie e l’ansia che avevo prima».

Ma quest’ansia è così forte?

«La riesco a controllare. Mi aiuta a partire meglio dal blocco, mi fa essere più reattiva. Invece troppa ansia potrebbe danneggiarmi, come è già successo, quindi tendo a vivere le gare nel modo più tranquillo possibile, con un minimo di ansia che ci deve essere sempre».

La sua vita cambierà?

«Non negli spostamenti. L’anno prossimo, come quest’anno, papà cercherà di accompagnarmi agli allenamenti. Così come mio fratello Franck, quando avrà la macchina. Altrimenti si va in pullman: è rilassante».

L’atletica sarà sempre un gioco?

«Sempre no. Anzi, nell’ultimo periodo ho capito che l’atletica sarà un lavoro per me. Poi insieme a me ci sono il mio allenatore Walter e il mio fisioterapista Marco. I miei genitori, mamma Hortense e papà Rudolph, che mi aiutano a crescere e mi tengono tranquilla. Le pressioni? Cerco di tenermene fuori. Evito i commenti brutti, mi tengo i commenti positivi e vado avanti come sto facendo ora».

Si sente leader di questa Nazionale jr?

«No, mi sento parte di un gruppo di ragazzi forti. Ci meritiamo di rappresentare l’Italia e mi sento integrata da questo punto di vista. Non mi sento né superiore né niente, perché siamo tutti uguali».

Lei quando l’Italia maschile vinse la 4×100 all’Olimpiade di Tokyo dov’era?

«Ero in casa con i miei genitori, stavano guardando la tv, mentre io che sono tanto pigra mi addormento facilmente anche guardando le gare. Quando poi ho realizzato è stato un momento molto emozionante anche perché ho visto mio papà saltare in aria, cosa che l’avevo visto fare soltanto per le partite di calcio. Quindi era strano vederlo fare tutto ciò anche per l’atletica. Mia mamma esultava con mio fratello ed eravamo felici».

A Tokyo adesso lei potrebbe andare per i Mondiali assoluti di settembre. Ci pensa?

«Sarebbe un sogno che si realizza e mi fa capire che sono arrivata ad un punto dove l’atletica può diventare una cosa molto importante nella mia vita. Ovviamente non decido io, quindi lascio la scelta al mio allenatore e allo staff».

I suoi idoli dell’atletica sono Shelly-Ann Fraser-Pryce e Sha’Carri Richardson, ma al di fuori dell’atletica?

«Paola Egonu e Miriam Sylla. Perché riescono a farsi scivolare addosso i commenti razzisti. Certi insulti li ricevo anch’io. Non li ascolto, non li leggo, li evito più che posso».

Quando lei corre i 100 metri, cosa pensa?

«Al gesto tecnico ci penso solo in allenamento, in gara non penso e non sento niente, neanche il tifo. Sento il vuoto, penso soltanto ai miei piedi che toccano la pista».

Osserverà la finale del lungo di oggi?

«La guarderò di certo. È un specialità che mi diverte e spero di riuscire a incastrarla tra le altre».

Per l’anno prossimo, cosa si aspetta?

«Non serve incrementare nulla rispetto a quest’anno, ma basta avere vicino gente che mi stimoli, che corra alla mia velocità».

Anche perché non è facile batterla. I maschi riescono a starle dietro?

«Li prendo un po’ in giro i maschi, lo ammetto, ma perché siamo amici. Anche quelli più grandi di me. Ci divertiamo al campo. E poi, queste sfide sono quelle che fanno andare più veloci sia me sia loro».

Il suo allenatore cos’ha provato quando l’ha vista vincere?

«Mi ha detto che grazie a me sta vivendo veramente un’esperienza magnifica. Lui a quest’ora dovrebbe essere a Chiavari con sua moglie e i figli piccoli, ma è venuto con me a Tampere. Mi ha detto che era orgoglioso di me e che gli è scesa pure qualche lacrimuccia».


© RIPRODUZIONE RISERVATA


Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]