Donald Trump e Vladimir Putin si incontreranno venerdì prossimo in Alaska per cercare un’intesa vantaggiosa per entrambi che porti alla conclusione della guerra in Ucraina. Putin vuole una vittoria, Trump un accordo. Putin può giocare a lungo termine, Trump cerca successi facili e veloci. Mosca ha rifiutato la presenza del presidente ucraino Zelensky e ha aggiunto anche che non vuole nessuno da Bruxelles, perché l’Unione Europea è incapace di discutere un accordo. Putin e Trump saranno dunque soli. Che cosa si diranno?
Forse Trump ricorderà a Putin che l’Alaska una volta era russa e che lo zar Alessandro II la vendette nel 1867 agli Stati Uniti per 7,2 milioni di dollari, per evitare di essere rovesciato sotto i debiti di guerra. Anche il nuovo zar ha lo stesso problema: giorni fa, Trump ha detto che basterebbe far scendere il prezzo del petrolio di altri 10 dollari al barile per costringere Putin a smetterla di tormentare l’Ucraina. Per fargli capire che la minaccia non è infondata, ha aumentato al 50% i dazi all’India che importa ancora petrolio russo. Ma Trump ha capito che con Putin funziona più la carota del bastone. Mostrare i muscoli con i sottomarini nucleari non serve, le sanzioni sono facilmente aggirabili, i dazi sono inutili perché nessuno al mondo ha in casa un frigorifero o un telefonino russi. Putin vuole rivendicare l’Ucraina orientale come russa. Vuole che Kiev non aderisca alla Nato, che l’esercito ucraino sia ridotto al minimo e che gli stati dell’ex Urss non aderiscano all’Alleanza atlantica. Vuole anche un governo amico in Ucraina. Sul primo punto, i territori, sarà in parte accontentato subito, in modo da poterli sbandierare come una vittoria dopo tanti morti e tanti soldi spesi. Sul resto Trump può prendere impegni, visto che non contrastano con la sua linea sulla Nato e sulla difesa europea. Dopo l’invasione dell’Ucraina, Putin era trattato come un paria dall’Occidente e il vertice con Trump è già di per sé una grande vittoria. Come gli zar e come Stalin, anche lui desidera che la Russia non sia trattata con mancanza di rispetto e Trump al vertice non userà di certo le maniere con cui trattò Zelensky alla Casa Bianca in febbraio.
Ma che cosa vuole Trump? Su cosa troveranno un’intesa? Putin pensa, notava ieri il New York Times, che i grandi del mondo debbano delineare insieme le rispettive sfere di influenza, come avvenne a Yalta nel 1945 tra Stalin, Roosevelt e Churchill. Un’idea sulla quale Trump non avrà forse difficoltà a cominciare un confronto. L’alleanza con il Cremlino è importante anche in funzione del contenimento della Cina e sarebbe meglio mettersi tutti d’accordo prima che si arrivi a tensioni più gravi.
LA COOPERAZIONE
L’inviato di Trump Steve Witkoff, nel suo viaggio a Mosca, ha già anticipato che Trump andrà in Alaska con offerte di cooperazione, non solo commerciale, vantaggiose se si troverà un accordo. La Pravda sottolineava ieri che uno dei più grandi desideri di Trump è ottenere il Nobel per la Pace, e che Putin intende aiutarlo. Si potrebbe ad esempio firmare, suggeriva la Pravda, un nuovo trattato START sulla riduzione delle armi nucleari, o impegnarsi congiuntamente in qualche impresa spaziale: negli Anni 70 la distensione cominciò proprio con il progetto Apollo-Soyuz. Putin sa che Trump è un po’ vanitoso, e ha dato a Witkoff un bel ritratto fatto dipingere in Russia per lui. Hanno molte cose in comune e ora la più importante è per entrambi uscire da questo pasticcio che Trump in campagna elettorale aveva promesso di risolvere in 24 ore.
Resta il problema di Zelensky. Ma tre anni e mezzo di guerra hanno sfiancato tutti, anche chi continua a inviare armi a Kiev. In Ucraina il 73% della popolazione nel 2022 voleva la vittoria totale, ma oggi il 69% vuole la pace. Se Stati Uniti e Russia troveranno un accordo, dovrà adeguarsi come faranno tutti gli altri, perché spesso si deve preferire continuare a essere accettati nel proprio mondo piuttosto che continuare a essere nel giusto.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
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