Il suo umorismo l’ha reso uno dei protagonisti più noti e apprezzati della comicità italiana. Renato Pozzetto, all’alba dei suoi 85 anni compiuti il 14 luglio, è ancora un attore senza tempo.
La sua fama lo precede e anche i giovani continuano a fermarlo per strada, citando le sue celebri espressioni: «Mi dicono: “Taacc” o “Eh la Madonna!”». Adesso la sua vita è cambiata e di strada ne ha fatta per passare dalla sua infanzia «povera», al successo al Derby (noto locale di Milano tra gli anni cinquanta e ottanta ndr.) – «c’era così tanta gente che era stata creata una scala che si alzava e si abbassava dopo la porta d’ingresso: quando la scala saliva, l’entrata non esisteva più» – fino a oggi in cui, nonostante «momenti turbolenti», si dedica ai suoi hobby: «Faccio il vino anche se non lo posso bere».
Gli esordi
«Ridere non era la priorità» quando era piccolo e anche i sogni erano di secondaria importanza: «La povertà era tanta.
Mio padre lavorava in banca, mia madre si occupava di quattro figli. Ogni fine settimana facevano i conti».
Con la guerra lasciano Milano per trasferirsi a Gemonio ed è qui che conosce Cochi (Aurelio Ponzoni dr.): «Era sfollato come me a Gemonio. Ci annoiavamo e provavamo a ridere tra noi. La nostra comicità è nata così: lui suonava la chitarra e cantavamo». Solo una volta tornato a Milano dopo un periodo vissuto «in quelle che si chiamavano case minime, che come lascia immaginare il nome non erano il massimo», riesce a coltivare la sua passione per la comicità fino ad arrivare al successo al Derby e ai film con Edwige Fenech: «Ci fecero girare una scena d’amore in una vasca piena di schiuma: abbiamo dovuto interrompere per un problema alle luci. Lei è uscita e l’acqua si è abbassata. Sono rimasto solo, nella secca e pure “su di giri”. Il tecnico mi ha detto: “Ah Pozzè, farai anche due lire, ma che vitaccia!”».
Con i primi soldi guadagnati grazie al suo lavoro ha comprato casa ai suoi genitori: «Papà aveva il terreno ma non poteva costruire la casa. Ci ho pensato io insieme a mio fratello».
La carriera
Da quel momento la sua carriera è decollata e nel suo curriculum da attore conta più di 60 film. Tra le sue attrici preferite: «Mariangela Melato. Ballava il rock: andavamo in un posto in Corso Europa». Sophia Loren? «L’ho incontrata da anziana ai David. L’ho salutata, non mi ha filato. Era bellissima quando faceva la disperata: veniva da lì e lo sapeva recitare». Ha potuto contare sul supporto della moglie Brunella Gubler: «Ha avuto pazienza infinita e avrei dovuto darle di più. A volte uscivo di casa e non sapeva se sarei tornato: andavo via per correre».
Oggi «non vado mai al cinema e non guardo la televisione», dice. E a 85 anni pensa anche alla morte: «No: ho fatto la Comunione perché ci credevano i miei. Cosa c’è dopo? Niente. E mi dispiace: credere mi avrebbe dato forza».
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