27.07.2025
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Politics

«Edilizia sociale “camuffata” per accelerare le procedure»


MILANO C’era il «book» dell’ex presidente della Commissione paesaggio Giuseppe Marinoni «con progetti improbabili sugli svincoli autostradali, che con immagini e suggestioni indicava come avrebbero potuto essere riqualificati», raccontava ai pm l’11 luglio scorso Marino Bottini, direttore area pianificazione urbanistica generale del Comune di Milano ascoltato come testimone. Interventi che non sarebbero stati protocollati, ma rivelatori di quella che la Procura di Milano nella maxi inchiesta sull’urbanistica definisce «un’azione amministrativa viziata da una corruzione circolare edulcorata all’esterno attraverso il ricorso a fantasiosi e raffinati metodi di maquillage giuridico».

VARIANTI

Il principale, secondo l’accusa, è rappresentato dalla scorciatoia delle case da costruire a prezzi accessibili per la classe media: il sistema — dettagliano i magistrati nella richiesta di custodia cautelare per sei indagati — si basava su varianti ai piani regolatori camuffate con l’interesse pubblico proprio con richiami «all’edilizia sociale», la cosiddetta ers. Il primo luglio 2024 Marinoni affronta il tema con Federico Pella, titolare di J+S: «Ho riparlato con Tancredi sui Nodi — scrive Marinoni — Mi ha chiesto se riusciamo, magari sentendo anche i partner di Porta nord, a fare due conti per capire che offerta di edilizia sociale abbordabile si potrebbe fare. Poi su questo argomento incontrerò anche Bardelli», l’ex assessore all’urbanistica (non indagato). Marinoni, definito dai pm «procacciatore di affari», fa i calcoli: «Vorrei proporgli: se su ogni Nodo riusciamo a collocare 100.000 mq di edilizia sociale/abbordabile e ne sviluppiamo 4/5, abbiamo 400/500.000 mq. Diviso 25 mq per abitante, abbiamo un totale 15/20.000 abitanti». Come annotano gli investigatori, dal messaggio si evince che Giancarlo Tancredi «è a conoscenza dei progetti del duo Marinoni-Pella, tanto da suggerire lui stesso soluzioni per giustificare l’interesse pubblico, necessario per l’utilizzo paternariato pubblico-privato teso a bypassare le restrizioni del Piano di governo del territorio, utilizzando quale motivazione la realizzazione di quote di ers. La Commissione paesaggio si è dimessa in blocco lo scorso maggio, a seguito delle contestazioni della Procura in merito a un condominio in piazza Aspromonte spuntato dentro un cortile: è una palazzina di sette piani alta ventisette metri, nata sulla demolizione di un edificio di tre piani alto dodici metri. Sulle volumetrie aggirate delle torri, emblematica è un’intercettazione dell’inchiesta, confluita in quella attuale, che a marzo ha condotto ai domiciliari Giovanni Oggioni, ex responsabile dello Sportello unico edilizia del Comune. Marco Prusicki, presidente della Commissione fino a dicembre 2021, discute con Marco Daniele Engel, presidente dell’Istituto nazionale di urbanistica della sezione Lombardia, del caso delle torri di via Crescenzago (con sei rinvii a giudizio disposti due giorni fa) della società Bluestone di Andrea Bezziccheri.

NORMA DISTORTA

Dice Engel: «In effetti, mettendo le due immagini a fianco, si capisce che per quanto uno possa sostenere che le regole siano state rispettate», e qui i due interlocutori ridono, «è una roba che grida vendetta! Obiettivamente, come è possibile che abbiamo distorto la norma in maniera tale che un intervento di questa dimensione possa essere una ristrutturazione? Vuol dire che abbiamo sbagliato, magari l’abbiamo fatto scientemente di sbagliare, però il problema è che questo è particolarmente vistoso. È chiaro che se un magistrato vede una roba così dice: ma non è possibile. Come fai a spiegarglielo? O meglio, come fai a convincerlo?». Engel va dritto al punto: «È solo Milano che si sente forte abbastanza da dire che se ne fotte, perché quella determina dirigenziale che dice “tranquilli, abbiamo sempre fatto così” rappresenta l’idea che avevano in testa i comunali milanesi. Ho fatto quattro telefonate in giro, non è successo in nessun altro capoluogo della Lombardia. È accaduto altrove in Italia? Ne dubito fortemente». Un altro nodo da sciogliere, e in fase di approfondimento, è quello del «patto di integrità» sbagliato e siglato dai componenti della disciolta Commissione paesaggio. Può essere un errore oppure un altro tassello del piano per aggirare le regole. Al momento dell’insediamento sarebbe stato fatto firmare un format sbagliato: non il patto di integrità introdotto per il periodo 2021-2024 che allargava il perimetro delle norme che determinavano l’incompatibilità, bensì un documento del triennio precedente con indicazioni meno stringenti.


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