27.07.2025
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Politics

Trump-von der Leyen, vertice in Scozia: trattativa decisiva per i dazi. Il presidente Usa: «Accordo possibile al 50%»


Appuntamento domani in Scozia, a margine dei campi da golf del presidente-tycoon. Alla fine, il tanto atteso bilaterale tra Ursula von der Leyen e Donald Trump si farà, ma in territorio neutro: né a Bruxelles né a Washington, semmai — ironia dei corsi e ricorsi storici — nell’angolo più europeista di quel Regno Unito che, con la Brexit, ha abbandonato l’Ue. E potrebbe essere l’ultimo miglio per siglare un’intesa di principio sui dazi che possa evitare la guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, pronta a scattare il 1° agosto in caso di mancato accordo. «Dopo una buona telefonata con il presidente degli Stati Uniti, abbiamo concordato di incontrarci domenica in Scozia per discutere delle relazioni commerciali transatlantiche e di come mantenerle solide», ha scritto su X la numero uno della Commissione, appena rientrata da una missione in Giappone e Cina. Sarà il primo vero bilaterale tra i due, dopo i brevi faccia a faccia in Vaticano, ai funerali di Papa Francesco, e al G7 di Kananaskis, in Canada. E dire che poco prima di salire a bordo dell’Air Force One diretto in Scozia, rispondendo ai cronisti, Trump aveva avvisato che «abbiamo il 50% di possibilità, forse anche meno, di raggiungere un accordo con l’Ue». Prima di precisare subito dopo che «l’Ue ha buone probabilità di concludere un’intesa».

LO STATUS QUO
Per gli europei, l’ultima ipotesi sul tavolo è un prelievo generalizzato del 15% che, visto da Bruxelles, sembra fotografare lo status quo: corrisponderebbe al 10% universale che si applica con la tregua proclamata ad aprile, sommato al circa 5% che era già in vigore prima dell’insediamento dell’amministrazione repubblicana. L’invito esteso da Trump a von der Leyen dopo la chiamata di ieri lascia presagire che i contorni siano maturi per strappare un accordo. Anche perché più volte, negli ultimi mesi, la presidente della Commissione aveva detto che un incontro al vertice sarebbe arrivato solo con una possibile intesa già in tasca da validare politicamente. A parte l’impianto generale al 15% sull’export Ue verso gli Usa, esenzioni limitate dovrebbero applicarsi agli aeromobili civili (per evitare una nuova contesa dei cieli tra Boeing e Airbus), ad alcuni farmaci generici e dispositivi medici, vari superalcolici e alcuni macchinari industriali che gli americani non riescono a procurarsi altrimenti.

I nodi rimasti in sospeso sono quelli più difficili da sciogliere, a cominciare dalle sorti di acciaio e alluminio, oggi colpiti da una maxi-tariffa del 50%. «Non c’è molto margine di manovra» sulla siderurgia, ha avvertito Trump ieri. I due metalli sono al centro delle trattative tanto con la Commissione europea, che spera invece di esentare perlomeno alcuni volumi dall’aliquota del 50%. L’altro settore in cima alle priorità dei negoziatori Ue è l’automotive, oggi tassato al 25%: proprio ieri il colosso tedesco Volkswagen ha detto di aver perso 1,3 miliardi nel primo semestre dell’anno a causa delle tariffe, ma ha pure annunciato «imponenti investimenti» negli Usa con l’obiettivo di strappare delle condizioni di favore all’inquilino della Casa Bianca. Tra i due resort di sua proprietà — Turnberry, nella costa occidentale della Scozia, e Aberdeen, a est — Trump non ospiterà solo von der Leyen ma pure — lunedì — il premier britannico Keir Starmer, il primo ad aver concluso un accordo con gli Usa, mandando giù un dazio generalizzato del 10% su tutto l’import. Un’aliquota che, a un certo punto dei negoziati, pure Bruxelles considerava possibile, salvo assistere all’irrigidimento della posizione di Washington, decisa a ridurre l’avanzo commerciale degli europei nello scambio di merci. Starmer cercherà di strappare altre deroghe, come ulteriori sconti sulle sovrattasse su acciaio e alluminio (per Londra, a differenza degli altri, è del 25%) e sul whiskey. Prima della chiamata con Trump e della schiarita all’orizzonte, fonti vicine al dossier dazi a Bruxelles avevano chiarito che il pacchetto di controdazi in grado di colpire 93 miliardi di euro di export Usa diretto nell’Ue (un terzo del totale), già approvato dai governi Ue e pronto ad applicarsi dal 7 agosto, potrebbe essere sospeso in qualsiasi momento e finire così in un cassetto. Se, invece, dovesse tutto andare malauguratamente a rotoli, la risposta Ue scatterebbe sì, ma in quattro fasi e non in un’unica soluzione. Ma questo è lo scenario a cui, in una Bruxelles che guarda ai campi da golf scozzesi, in queste ore non vuole pensare nessuno.

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA


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