Vincent Bolloré ha sei mesi per lanciare l’Opa obbligatoria sulle azioni di Vivendi, come conseguenza del riassetto della società avvenuto lo scorso anno. Così ha stabilito l’Autorité des marchés financiers (Amf), la Consob d’Oltralpe, dopo che ad aprile la Corte d’Appello di Parigi aveva invitato l’Autorità a rivedere la sua precedente decisione in merito. A novembre l’Amf era giunta alla conclusione che Bolloré non esercitasse un controllo giuridico su Vivendi, considerando la sua partecipazione inferiore alla soglia del 30%, e che pertanto non vi fosse obbligo di Opa nel contesto della scissione che ha portato allo scorporo, e alla quotazione su tre Borse diverse, di Canal+ (Londra), Havas (Amsterdam) e Hachette (Parigi). La scissione era stata approvata in assemblea con oltre il 97%, ma fin da subito aveva incontrato l’opposizione di alcuni azionisti di minoranza, in particolare il fondo parigino Ciam, che si è rivolto alla magistratura. Vivendi, che ha assunto il ruolo di holding e che vanta una capitalizzazione di circa 3,3 miliardi, ha guadagnato ieri oltre il 13% alla Borsa di Parigi. A ogni modo, l’Amf garantirà che l’offerta si concluda solo dopo che la Corte di Cassazione si sarà pronunciata sui ricorsi pendenti di Bolloré contro la sentenza della Corte d’Appello che ad aprile ha rimesso tutto in discussione. Il gruppo Bolloré detiene il 29,9% di Vivendi, che a sua volta possiede il 3,7% di azioni proprie. L’Authority, riconsiderando la propria decisione di novembre, ha concluso che queste azioni devono essere assimilate, il che porta automaticamente Bolloré sopra il 30%, limite oltre il quale scatta l’Opa obbligatoria. L’offerta potrebbe portare al delisting della società.
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