28.06.2025
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finito in disgrazia, vicino a lui siamo rimasti in pochi»


Il titolo c’è già: Si fa noi, come la frase grondante orgoglio con cui il fiorentino Vittorio Cecchi Gori dava il via a qualunque progetto. E c’è la storia «larger than life», più grande della vita, del produttore che nei suoi 83 anni ha messo insieme successi e cadute, tre Oscar e i processi penali, il cinema e la Fiorentina, politica e donne bellissime, case da sogno e ricoveri in ospedale, l’avventura televisiva e la bancarotta, i fasti hollywoodiani e gli arresti domiciliari. Largo al grande cinema italiano: il prossimo film di Marco Risi avrà per protagonista proprio Cecchi Gori. La produzione è Tenderstories di Moreno Zani e Malcom Pagani. Alla sceneggiatura, nata da un soggetto del compianto Andrea Purgatori e dello stesso Risi, stanno in queste settimane lavorando il regista, Enrico Vanzina, più due giovani ed entusiasti professionisti: Tano Risi, trentenne figlio di Marco, e Carlo Sorrentino, classe 2001, erede del premio Oscar Paolo.

Risi, sarà un biopic?
«Sì, ma racconterà anche il Paese dagli anni Ottanta in poi con il tono tragicomico della classica commedia italiana».

Chi è, per lei, Cecchi Gori?
«Un Citizen Kane di casa nostra. Un uomo generoso e buono che ha vissuto eventi fuori dal comune, nel bene e nel male, ma oggi è rimasto solo: quand’era all’apice del successo lo assediavano tutti ma una volta che è finito in disgrazia, vicino a lui siamo rimasti in pochi».

E chi interpreterà il protagonista?
«Scandagliando lo star system nazionale, qualche idea me la sono già fatta. Penso a Elio Germano o Claudio Santamaria ma anche Giorgio Panariello funzionerebbe: è toscano come Vittorio e, al di là del riconosciuto talento comico, esprime anche una vena drammatica».

Nel film troverà spazio l’ex moglie di Vittorio, Rita Rusic?
«Certo, sarà un personaggio-chiave. Con il suo talento creativo e imprenditoriale ha contribuito in misura determinante al successo della casa di produzione di famiglia negli anni Ottanta e Novanta in cui facevano incassi stellari le commedie di Verdone, Vanzina, Celentano, Nuti, Pieraccioni ma Cecchi Gori finanziava anche i film di Scola, Amelio, alcuni da me diretti come Il muro di gomma sul caso Ustica, Nel continente nero, Il branco che per la prima volta parlava di stupri. E l’ultimo di Fellini, La voce della Luna, che nessuno voleva fare».

Valeria Marini, compagna di Vittorio al tempo dei processi, farà parte del racconto?
«No, la sceneggiatura non la prevede. Ci sono però il primo amore Maria Grazia Buccella e una studentessa del Centro Sperimentale che Vittorio incontra in tarda età».

E i protagonisti del cinema?
«Abbiamo scritto una scena molto divertente in cui Vittorio lancia il suo Rolex d’oro a Carlo Verdone per ringraziarlo del successo di Borotalco. E mente Carlo manifesta un sincero imbarazzo, Rita insorge: «Ma era un mio regalo!»».

Come comincia il film?
«Nella prima scena si vede Vittorio oggi a mollo, con maschera e boccaglio, nella piccola piscina della villetta presa in affitto a Sabaudia dove un tempo, sulle dune, il produttore possedeva una villa principesca. E da quel momento in poi la narrazione procede alternando presente e passato. Spazia tra Roma e Los Angeles, l’attico di Monte Mario in cui è transitato tutto il cinema italiano e l’avventura hollywoodiana con le sue clamorose feste, il festival di Cannes, Berlusconi, Mario Cecchi Gori, il padre del protagonista, un maggiordomo nero».

Perché ha deciso di raccontare l’epopea di Vittorio?
«Perché è un personaggio straordinario che ha vissuto tanto, tutto. Io lo adoro e sono certo che, vedendo il film, anche il pubblico non potrà evitare di volergli bene».

Come sarà raccontato nella fase attuale della sua vita?
«Una scena molto intensa lo coglie sul terrazzo ultra-spettacolare dell’appartamento di via Monti Parioli da cui Vittorio guarda pensoso tutta Roma, San Pietro compreso. In quella casa, in cui oggi il produttore vive e custodisce i tre Oscar (vinti per Mediterraneo di Gabriele Salvatores, La vita è bella di Roberto Benigni, Il postino con Massimo Troisi, ndr) venne comprata da Mario grazie ai soldi incassati nel 1962 da Il sorpasso, il capolavoro di mio padre Dino».

Sei anni fa Vittorio voleva realizzare il sequel, che fine ha fatto il progetto?
«Cecchi Gori propose a Purgatori e me di scrivere la sceneggiatura di una storia ambientata nell’Italia di oggi, protagonisti sempre due personaggi agli antipodi come il Cortona-Gassman e il Mariani-Trintignant del film originale. All’inizio mi sembrava una follia, Il Sorpasso è un film unico e irripetibile. Ma oggi penso che il sequel ci permetterebbe di raccontare com’è diventato il nostro Paese».

Sta dicendo che dirigerà il film?
«Mah…forse non si farà mai. Ma se dovesse vedere la luce, punterei sempre su due protagonisti opposti. Con un finale diverso, a sorpresa».

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