19.06.2025
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Iran, escalation o accordo? Il dilemma di Khamenei che perde i consiglieri (pronti a scappare a Mosca)


Nessuno sa dire con certezza se queste siano davvero le ore finali di Ali Khamenei. Ma nella cerchia più ristretta della Guida suprema, l’allarme è scattato da giorni. Le esplosioni che hanno fatto tremare Teheran hanno messo in chiaro che nessuno è al sicuro. Secondo Iran International, Ali Asghar Hejazi, vicecapo di gabinetto Khamenei, starebbe trattando con i funzionari russi un passaggio sicuro a Mosca per se stesso e per la sua famiglia. Altri funzionari iraniani starebbero facendo lo stesso, visto che lo stesso premier israeliano Benjamin Netanyahu aveva parlato di comandanti e vertici della Repubblica islamica «pronti a fare le valigie».

LO STOP

E anche Khamenei adesso si sente nel mirino. Dopo che un funzionario israeliano aveva detto al Wall Street Journal che l’uccisione della Guida suprema non poteva essere esclusa del tutto, ieri si è sparsa la voce che il presidente degli Stati Uniti Donald Trump avesse posto il veto all’omicidio dell’ayatollah. Una tesi, quella dello stop Usa, smentita però dallo stesso Netanyahu, che ha detto che «ci sono così tante false notizie su conversazioni mai avvenute che non intendo approfondire l’argomento». Gli scenari di una fuga della Guida suprema o anche di un suo omicidio restano sul tavolo. Per qualcuno una forma di guerra psicologica. Per altri, più di una semplice ipotesi di scuola. Dai leader di Hezbollah a quelli di Hamas, in questi anni Israele non ha certo nascosto la sua capacità di decapitare le forze nemiche. E anche se questa volta nel mirino non finirebbe il capo di una milizia ma il leader della Repubblica islamica, arrivati a questo punto dell’escalation nessuno può escluderlo con certezza. Teheran è diventata un territorio di caccia dei jet dell’Idf, che ha avvertito la popolazione di tenersi lontana da siti strategici, depositi e altri obiettivi. E intanto, il cerchio intorno a Khamenei si stringe sempre di più. La Guida suprema ha sempre meno consiglieri, sempre meno fedelissimi, sempre meno comandanti a cui affidare le chiavi del regime. La sua successione resta un punto interrogativo. E nei corridoi dei palazzi degli ayatollah ci si chiede cosa non abbia funzionato. Come abbia fatto Israele ad annientare nel giro di poche ore l’intero sistema di difesa antiaerea del Paese. Come mai nessuno abbia saputo mettere un freno al Mossad, capace anche di costruire basi segrete in Iran per lanciare droni e missili e uccidere vertici militari e scienziati nucleari.

LO SCONTRO

La resa dei conti è già alle porte. E lo scontro tra i sostenitori della linea dura e quelli di un riavvicinamento verso l’Occidente è sempre più evidente. Khamenei ha sempre rappresentato l’intransigenza e la voglia di vendetta. Ma quella strategia ha fallito. Il presidente Masoud Pezeshkian, eletto anche per la sua volontà di negoziare con Washington e l’Europa, resta l’unico leader iraniano fuori dal mirino del Mossad. E pur avendo abbracciato anche lui la dialettica della vendetta, non è da escludere che il fronte che rappresenta, quello più “moderato” su nucleare e sanzioni, possa prendere il sopravvento. Mentre Khamenei dovrebbe ammettere il fallimento dei suoi piani.

Da quando è diventato la Guida suprema, ha provato a costruire in tutto il Medio Oriente una rete in grado di diventare una spina nel fianco per Israele e gli Stati Uniti. Ha finanziato, arruolato e sostenuto milizie, regimi e partiti, movimenti dallo Yemen al Libano, dalla Siria all’Iraq. Ma tutto quello che ha costruito si sta dissolvendo sotto i suoi occhi. Il finanziamento del cosiddetto Asse della Resistenza viene visto da molti cittadini come uno sperpero di denaro mentre il Paese è in crisi e sotto sanzioni. I suoi fedelissimi, dai capi dei Pasdaran ai leader alleati sono stati uccisi o rovesciati. Le sue milizie sono decapitate o paralizzate. Pensava di avere reso la Repubblica islamica una fortezza inespugnabile, e invece il Mossad è riuscito a colpirla con sabotaggi, omicidi mirati, virus informatici e addirittura droni e missili da dentro i suoi confini. E il suo programma nucleare, quello che doveva essere la più grande leva negoziale con l’Occidente e forse l’ultima assicurazione per il regime, è quasi annichilito dai raid israeliani.

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