«È possibile che Sinner si sia portato dietro il game in cui ha fallito i 3 match point, per questo non ha chiuso la partita quando serviva». Sergio Costa, psicologo dello sport iscritto all’Ordine degli psicologi del Lazio, analizza la sconfitta di Jannik al Roland Garros.
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Qual è il peso mentale nel tennis?
La tennista Sara Errani ha dichiarato, proprio recentemente, che nel tennis non ci si rilassa mai.
Non si gode mai delle vittorie, perché ogni settimana c’è un torneo. Ogni settimana devono difendere punti, ogni settimana giocano. Il peso e la pressione sono diverse. Inoltre all’interno della stagione tennistica c’è il Roland Garros, un mese dopo Wimbledon, poi gli US Open e gli Australian Open. Tanti eventi molto importanti e ravvicinati. Questo può essere un aspetto positivo perché vuol dire che ho sempre un’opportunità in più, ma anche un peso, una pressione di dover competere, difendere, continuare a non godersi la vita. Anche Alcaraz ha detto: «Cerco di godermi anche la vita e di fare altre cose oltre al tennis».
La loro vita è totalmente assorbita dallo sport.
Nel tennis è così.
La finale del Roland Garros è stato un esempio di due grandi campioni che vivono il tennis in modo diverso.
Sinner mostra abnegazione. Alcaraz ha lo stesso obiettivo, però l’approccio è differente. Anche Bublik (che a questo Roland Garros ha raggiunto il suo miglior risultato) ha parlato di aspetti emotivi e mentali, del sapersi anche godere altre cose oltre al tennis. Perché a quei livelli ti costringe a viaggiare tanto, a stare lontano dalla famiglia, a dover difendere punti ogni settimana. Negli altri sport, invece, non è così.
Quali le differenze di approccio tra Sinner e Alcaraz?
Sinner, per via della squalifica del doping, è tornato a giocare nell’ultimo mese. Due tornei e due finali. Ha anche detto: «Non mi aspettavo di arrivare in finale a Parigi o comunque ci avrei messo la firma». Poi ovviamente fa male perdere in questo modo perché perde con tre match point. Non avendo sfruttato al meglio le chance che Alcaraz in parte gli ha dato durante quel game.
C’è stata però poi la reazione.
Sinner è andato sotto nel quinto set, ma è riuscito a a riportare la finale in parità e andare a due punti dal match. Ma Alcaraz ha tirato fuori gli artigli, ha utilizzato la sua forza mentale perché è ripartito nel super tie-break facendo sette punti a zero, quindi (contando quelli precedenti) nove punti a zero. È stato un match di alti e bassi, dove Sinner non si è espresso al massimo. Malgrado questo, è riuscito a portare la partita al super tie-break del quinto.
Tre match point falliti. Quanto è contato l’aspetto psicologico in quel momento?
Per quanto riguarda la parte del servizio, ci sta che col servizio Alcaraz sia riuscito a riprendere lo 0-40. Tante volte l’ha fatto anche Sinner, che è riuscito a ribaltare il match (in Coppa Davis contro Djokovic ha ribaltato stando 0-40 sotto).
Poi, però, ha servito per il match.
Può essere che, come diceva anche lui, non si aspettava di arrivare a quel momento contro Alcaraz. Non si aspettava di arrivare al quarto set e di riuscire a chiudere la partita «velocemente». E quindi forse ha avuto paura di vincere. Ma è una supposizione. Alcaraz è stato molto bravo a gestire alcuni momenti e forse Sinner non ha avuto tantissimo coraggio nello spingere forse un paio di palle durante il servizio di Alcaraz.
Ha subìto un contraccolpo psicologico?
La bravura sta nel rimanere sul singolo punto. È possibile che il game precedente sia se lo sia portato dietro. Come se lo portò dietro Federer contro Djokovic nel famoso Wimbledon. A Sinner capita raramente, però sono episodi che lo rendono anche umano.
Lui solitamente è spietato. Come si spiega che non lo sia stato in questo caso?
Non sorprende che abbia fallito i tre match point, ci può stare, stupisce di più che non abbia tenuto il proprio servizio nel momento più decisivo. Tutto il match non ha servito alte percentuali di prime. E questo l’ha pagato. L’ha pagato anche durante il tie-break, quando è stato breakato. Vuol dire che non era un colpo che si sentiva particolarmente sicuro e non è riuscito a farlo come negli altri match o come è riuscito Alcaraz.
Quali sono le tecniche per superare i momenti di difficoltà?
Nel tennis, in particolare, l’aspetto più importante è la gestione delle pause. Questo è considerato uno sport mentale, perché l’atleta ha molto tempo per pensare. Circa un terzo del tempo si gioca e due terzi del tempo invece è dedicata alle pause. Le pause sono tra un punto e un altro, tra un set e un altro, tra un game e un altro e, ovviamente, a fine set. L’atleta pensa tanto. Quindi dovrebbe essere allenato a gestire non tanto il momento in cui scambia, dove dovrebbero esserci degli automatismi se parliamo di alto livello, ma a gestire quello che è il tempo appena finito il punto. Nello specifico la gestione di quei 25 secondi dove in teoria è finito il punto, quando ci dovrebbe essere una reazione emotiva.
Cosa fare?
Se ho vinto il punto, la reazione emotiva dovrebbe essere positiva. Se ho perso il punto, dovrei essere in grado di contenere quell’emozione o, in caso, di manifestarla. Ma per brevissimo tempo, perché poi dovrei recuperare per il punto dopo. Poi dovrei pianificare per il punto dopo e poi attivarmi. Queste sono le quattro fasi della gestione dei tempi, quantomeno tra un punto e un altro. Mi devo rilassare, devo recuperare, quindi bevo piuttosto che mi mangio qualcosa, respiro. Poi ripenso a com’è andato il game e mi riattivo per andare a servire o rispondere.
Il contesto, in questo caso, non è di poco conto. Sul centrale a Parigi. Tutti gli occhi puntati addosso Come neutralizzare le emozioni e non farsi sovraccaricare?
Ci possono essere diversi approcci. Non per forza deve danneggiare, ma ci può caricare. Vedi, appunto, Alcaraz che sicuramente è stato aiutato dal comportamento del pubblico. Gli atleti, sia nel tennis ma anche in altri sport, possono allenarsi in quei contesti. Come allenamenti in cui vengono disturbati, in cui si chiede di spostare l’attenzione e poi di rimetterla sul tennis (disturbi visivi, sonori). Possono poi allenarsi all’interno dello stesso stadio dove andranno a giocare, quindi dovranno conoscere ogni posto.
Ad esempio?
C’era Nadal che andava proprio a studiare i campi e il contesto dove giocava. Si doveva allenare, preparare a quello stadio. Visualizzando, immaginando la finale, immaginando il pubblico contro, immaginando il proprio angolo dove potersi confrontare, tranquillizzare. Creando quindi anche delle visualizzazioni che possono permetterti di immaginare di stare già in quel contesto e di viverlo costantemente.
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