Giorgia Meloni si presenta a sorpresa. Non era attesa. Ma ha voluto trovare il tempo tra i suoi impegni per fare un salto agli Stati generali dei Commercialisti e consegnare un messaggio politico chiaro: il governo andrà avanti con la riforma fiscale e taglierà le tasse alla classe media. Musica per le orecchie di Elbano De Nuccio, presidente del Consiglio nazionale della categoria, che nel suo intervento ha ricordato come un’aliquota Irpef del 35 per cento per reddito lordi tra 28 mila e 50 mila euro, che vendita al 43 per cento già un euro dopo i 50 mila, e che diventa addirittura il 46 per cento se si aggiungono le addizionali locali, «è semplicemente insostenibile». Il ceto medio, quello che sta nella forbice che va da 40 mila a 120 mila euro di reddito, costituisce solo l’11,2 per cento dei contribuenti, ma paga oltre il 36 per cento dell’Irpef totale. Tutti gli sforzi vanno spesi per alleviare questo fardello. Il vice ministro dell’Economia Maurizio Leo, seduto in prima fila annuisce.
Poi sale sul palco e prende la parola spiegando che il governo è intenzionato a «lavorare sul ceto medio». Ma predica anche «prudenza». È proprio l’atteggiamento prudente sui conti pubblici del ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che fino ad oggi ha premiato il governo con un calo dello spread (ieri ha toccato i 90 punti). Così Giorgetti, che alla fine ha deciso di non prendere la parola agli Stati generali dei commercialisti (l’intervento era previsto), uscendo ha ricordato che ci sono «ancora due anni e mezzo» per completare la riforma fiscale con il taglio delle tasse. La Meloni ha comunque rivendicato quanto fatto dal governo fino ad oggi. «Abbiamo avviato la riforma dell’Irpef con la riduzione da quattro a tre delle aliquote, con un intervento che ha un effetto diretto tangibile sulle tasche dei lavoratori e dei pensionati, però — ha precisato Meloni — il nostro lavoro non è finito: intendiamo fare di più, intendiamo concentrarci oggi sul ceto medio che, come tutti sappiamo, rappresenta la struttura portante del sistema produttivo italiano, e spesso è quello che avverte di più il peso del carico tributario. Vogliamo lavorare — ha detto ancora la premier — per rendere il sistema più equo, più incentivante per chi produce reddito e contribuisce allo sviluppo della nazione».
Gli Stati generali dei Commercialisti hanno dato probabilmente il la ad aprire il dibattito, per adesso sopito, sulla prossima manovra di Bilancio. Le risorse sono scarse e ci sarà da finanziare anche l’incremento delle spese militari che sarà deciso al prossimo vertice della Nato. Le parti iniziano a stabilire i propri obiettivi. Il ministro degli Esteri Antonio Tajani, leader di Forza Italia, sempre parlando agli Stati generali dei commercialisti, ha chiesto un rinvio di almeno un anno della sugar tax, la tassa sulle bibite gasate che, senza interventi, entrerebbe in vigore il prossimo primo luglio. Tajani ha anche rivendicato di aver bloccato la norma da “Stasi” che voleva imporre dei controllori del ministero dell’Economia all’interno delle società p rivate che beneficiano di fondi pubblici, ricevendo l’ovazione della platea. Il suo partito si è comunque schierato subito accanto a Meloni sul taglio delle tasse al ceto medio. Per Forza Italia è «importante ribadire l’impegno concreto del governo di centrodestra per snellire la macchina burocratica e alleggerire la pressione fiscale, con particolare attenzione al ceto medio», ha detto il capogruppo in commissione Bilancio, Dario Damiani.
Meloni: «Il Fisco deve aiutare e non opprimere. Taglio tasse in modo equo, ora focus su ceto medio»
LA POSIZIONE
La voce di Matteo Salvini si fatta invece sentire da fuori. Il ministro delle infrastrutture ha affidato una nota alla sua posizione sulle prossime mosse in campo fiscale. Ossia «una giusta, attesa e definitiva pace fiscale, una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che stanno bloccando l’economia del Paese». Una misura definita da Salvini «una priorità, anzi una emergenza». Alle promesse della premier non credono, invece, i partiti dell’opposizione. «Come un sempreverde, un abito quattro stagioni, ad un certo punto a destra tirano fuori il taglio delle tasse», attacca il capogruppo Pd al Senato, Francesco Boccia. Quello delle promesse mancate è il leitmotiv che arriva da tutta l’opposizione. Duro anche Matteo Renzi: «Non c’e uno che le chieda: ma perché non dici cosa hai fatto in questi tre anni?». Per Luigi Marattin, deputato e co-fondatore del partito Liberaldemocratico «il nostro sistema fiscale, al netto di modifiche marginali, è lo stesso degli anni ’60. Da allora, ogni governo ha proposto riforme epocali mai effettuate: non è ancora arrivata la grande riforma sempre promessa, l’abbassamento della pressione fiscale. La pressione fiscale — ha aggiunto — negli ultimi due anni non ha fatto che salire. Intanto, i dati Ocse ci dicono che siamo il Paese occidentale che più tartassa il ceto medio».
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