Un primo e tiepido segnale (+0,1 per cento) si era già avuto a marzo. Ma ad aprile l’Istat registra sulla produzione industriale un dato che potrebbe annunciare un’inversione di marcia: c’è una crescita a livello mensile dell’1 per cento, che su base annuale diventa un +0,3. Non poco, pensando che, in termini tendenziali, negli ultimi 26 mesi si erano inanellate soltanto performance negative, facendo proprio dell’industria il grande malato del sistema Paese.
Non a caso, e per marcare il possibile cambio di direzione, lo stesso istituto statistico ha fatto notare che «ad esclusione dell’energia, unico aggregato stabile, l’incremento congiunturale mensile si estende a tutti i principali raggruppamenti di industrie».
Entrando più nello specifico della rilevazione Istat, si scopre che a livello mensile la produzione dei beni di consumo vendita dell’1,8 per cento, quella dei beni strumentali dello 0,8 e quella degli intermedi dello 0,2. Stabile invece il comparto energia. I settori che hanno corso di più sono stati la fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+5 per cento), il tessile (+4) e l’elettronica impegnata nella produzione di computer, ottica o apparecchi elettromedicali (+3,2). Reggono legno e carta (+1,4 per cento) e alimentari (+1,2).
LE PERFORMANCE
A livello tendenziale, i maggiori incrementi si sono avuti nella produzione del comparto energia (+1,8 per cento), seguiti dai beni di consumo (+1,1); in calo, invece, i beni intermedi (-0,4) e quelli strumentali (-0,7). Le migliori performance sono state registrate dal mondo del legno, della carta e stampa (+4,7 per cento), nel campo delle forniture di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+4,3) e dall’elettronica (+3,3). Arretrano farmaceutica (-11 per cento) e mezzi di trasporto (-9,5).
Guardando in filigrana questi numeri, è facile ipotizzare che questo rimbalzo nella produzione industriale sia legato a due fattori diversi: la necessità di rifornire le sfruttando scortendo il lieve aumento dei consumi interni, a loro volta spinti dall’aumento contrattuale; la domanda di beni dal mercato americano, sfruttando la pausa sui dazi concessa dall’amministrazione Trump.
Tra i settori in crisi c’è però l’automotive. L’Anfia, l’associazione dei produttori del settore, sottolinea che ad aprile ha registrato un livello annuale un calo del 17,6 per cento, mentre nei primi mesi del 2025 la contrazione è stata del 22,4 per cento. Sempre ad aprile sono stati assemblati soltanto 17mila veicoli, con un -47,5 per cento rispetto all’aprile di dodici mesi prima. Guardando soltanto all’auto, Anfia sottolinea «una variazione tendenziale negativa del 30 per cento ad aprile 2025» e del 29 nei primi quattro mesi dell’anno. In controtendenza le carrozzerie per autoveicoli, i rimorchi ei semirimorchi, con un aumento tendenziale del 12,9 per cento. Male invece la componentistica (-6,4).
Intanto Unioncamere fa sapere — attraverso il suo monitoraggio mensile — che nel mesi di giugno l’industria italiana si appresta a ricercare 137mila nuovi lavoratori. Cifra che salirà a quota 358mila nel trimestre giugno-agosto. Soltanto il manifatturiero necessita di circa 87mila ingressi nel mese in corso, che diventano 231mila nel trimestre. A spingere nel reclutamento sono soprattutto le industrie della meccatronica (51mila unità nel trimestre), alimentari, bevande e tabacco (57mila) e la metallurgia (38mila).
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Leave feedback about this