14.06.2025
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Politics

quasi il 35% ha votato no, anche il popolo di sinistra


C’era chi se lo aspettava, trattandosi di un quesito «divisivo». Ma pure chi — forse la maggior parte — credeva che il sostegno espresso della maggior parte dei partiti di opposizione e da molte associazioni della società civile potesse portare a un epilogo diverso. Per questo, forse, i quasi due milioni e mezzo di sì in meno raccolti dal quesito della cittadinanza, se non meravigliano, di certo interrogano. Soprattutto il centrosinistra. A dire sì alla proposta per dimezzare da dieci a cinque anni il tempo di residenza legale per la richiesta di cittadinanza da parte di stranieri maggiorenni extracomunitari è stato il 65% dei votanti, mentre quasi il 35% si è espresso per il no. Voti contrari che rimangono sulla soglia del 10-12% per gli altri quesiti relativi al lavoro. Un exploit difficilmente riconducibile al solo elettorato di centrodestra, i cui partiti di riferimento hanno predicato per settimane la via dell’astensionismo.

LE CAUSE

«I primi quattro quesiti — spiega al Messaggero Lorenzo Pregliasco di YouTrend — hanno risentito in positivo della mobilitazione sindacale della Cgil che ha spinto sul sì, lasciando non formalmente, ma nei fatti, più libertà sul quinto». Alla natura di quesito “di opinione” va sommato il dato socio-economico, con il timore, come sottolinea qualcuno nel sindacato guidato da Landini, che l’apertura agli stranieri potesse avere delle ripercussioni sulle possibilità lavorative. Anche a sinistra, quindi, c’è chi dice “no” alla cittadinanza. Non fanno eccezione neppure le regioni rosse dove pure si riscontrano percentuali consistenti di no: 33% in Toscana e Puglia, 35% in Emilia Romagna, mentre si scende al 24% in Sardegna e al 30% nel Lazio. Il picco dei sì — come sottolinea anche l’analisi di YouTrend — arriva, invece, dalle cosiddette ztl delle aree centrali delle grandi città, come Milano e Torino, mentre i quesiti sul lavoro restano più votati nelle zone popolari dei grandi centri: è l’esempio dei quartieri San Salvario, Aurora e Mirafiori di Torino. Anche la scelta del Movimento cinque stelle di lasciare libertà di scelta al proprio elettorato potrebbe aver fatto la sua parte nel computo dei voti contrari. Questo nonostante il leader dei pentastellati, Giuseppe Conte, e altri maggiorenti di partito, si siano espressi personalmente per il sì.

I PROMOTORI

Tra le file dei promotori l’analisi del voto, però, si arricchisce di altri dettagli. Pur essendo consapevole della «difficoltà» del quesito, per il leader di Più Europa, Riccardo Magi, molto è dipeso dall’assenza di un’informazione chiara e «dalle falsità» arrivate dalla maggioranza. «Salvini e Meloni sui quesiti sul lavoro non hanno detto nulla se non che rappresentavano uno scontro interno al Pd. L’unico tema di cui hanno parlato — lamenta l’esponente di Più Europa — è stato quella sulla cittadinanza. A questo, si somma, secondo Magi, la scarsa voce avuta «nelle fasce di massimo ascolto di tv: i dati Agcom parlano chiaro». Uno spazio necessario per spiegare «come funziona l’attuale legge» ma anche che «la proposta abrogativa non c’entrava nulla con il discorso dei barconi, ma riguardava gli stranieri che non hanno precedenti penali e che sono in regola e parlano un buon livello di italiano».

Il tema, in ogni caso, sembra destinato a essere ripreso in Parlamento, e non solo da Magi, che pure propone alle opposizioni «un’azione comune su una proposta di legge unitaria di riforma della cittadinanza». A parlare di cittadinanza anche Antonio Tajani per cui «la scelta migliore, più sensata e più giusta quella di concedere la cittadinanza dopo 10 anni di scuola trascorsi con profitto». Questa è la proposta presentata da Forza Italia mesi fa ma che ancora è lontana dal primo sì definitivo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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