09.06.2025
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Technology

Con l’intelligenza artificiale capiremo il linguaggio degli animali


Decodificare i segnali che usano i pipistrelli per comunicare, decifrare le conversazioni delle balene, o persino carpire i segreti della lingua degli usignoli. Da quando l’intelligenza artificiale è entrata in gioco, sembra che non ci siano più limiti alle sue applicazioni. A partire dalla traduzione simultanea: chi non ha mai utilizzato le app per capire immediatamente una frase straniera, e riuscire a comunicare anche senza conoscere la lingua? Il passo successivo è creare nuovi modelli linguistici, capaci di comprendere il modo di comunicare di altre specie animali. Arrivano già app che consentono di tradurre i miagolii del proprio gatto. MeowTalk, per esempio, registra i versi del felino e li traduce in una gamma di frasi, come «Sono annoiato» o «Dammi da mangiare».

IL CODICE
La britannica Jeremy Coller Foundation ha aperto i giochi mettendo in campo un premio di dieci milioni di dollari, a chiunque si riveli capace di «craccare il codice», realizzando un «sistema di comunicazione bidirezionale interspecie utilizzando l’intelligenza artificiale generativa». Un altro premio annuale di centomila dollari andrà invece a supporto di grandi progetti volti a realizzare «modelli e algoritmi rigorosi per una comunicazione coerente con organismi non umani».

Uno dei primi progetti importanti riguarda la lingua dei capodogli. Ceti (Cetacean Translation Initiative) ha messo insieme cinquanta scienziati con l’obiettivo di comprendere, grazie alla tecnologia, la lingua di questi cetacei, che utilizzano un complesso sistema vocale, diviso in “code”: si tratta di rapide sequenze di segnali, che arrivano a durare anche soltanto un millesimo di secondo. Ci sono prove che i capodogli utilizzano questi suoni per identificarsi l’un l’altro, e che esistono anche delle varianti regionali, dei veri e propri dialetti. 
«Non è un caso che Ceti faccia eco al Seti Institute – Search for Extraterrestrial Intelligence – della Nasa», scrive sul Guardian il giornalista, scrittore e documentarista neozelandese David Farrier, ricordando il film di Denis Villeneuve Arrival (2016), in cui «alieni simili a balene comunicano attraverso dei segni in cui la distinzione tra passato, presente e futuro crolla».

I DATI
Le Big Tech non stanno a guardare. Google ha lanciato lo scorso aprile DolphinGemma, «un ampio modello linguistico che sta aiutando gli scienziati a studiare il modo in cui comunicano i delfini e, si spera, anche a scoprire cosa si dicono». Il modello dispone di dati accumulati nel corso di quarant’anni di rilevazioni. In alcuni casi, è stata provata la capacità di questi intelligentissimi animali di imparare suoni legati a un particolare significato. In Florida, un delfino chiamato Zeus ha imparato a ripetere il suono delle vocali A, E, O e U. Lo scorso novembre, ricorda il Guardian, è stata registrata in Alaska una conversazione con una megattera di nome Twain in cui in cui i ricercatori hanno scambiato con l’animale un modulo di chiamata e risposta noto come whup/throp per 20 minuti.

CIP CIP
L’intelligenza artificiale viene comunemente utilizzata da app come BirdNET per distinguere il cinguettio delle diverse specie di uccelli, e identificare l’animale con precisione. Ma ora l’IA viene utilizzata anche per cercare di capire il loro linguaggio. In Spagna, scrive Nature, sono stati campionati centinaia di migliaia di suoni prodotti da un gruppo di corvi, nella speranza di riuscire a capire il senso di ogni vocalizzazione e, magari, riuscire prima o poi a comunicare. In Sierra Nevada, è invece cominciata un’enorme opera di registrazione dei suoni prodotti da volatili di ogni specie e dimensione, per registrare le loro interazioni e sperare, grazie all’IA, di capirci qualcosa. «Il machine learning è stato la vera svolta per noi», ha detto la ricercatrice Laurel Symes, del Cornell Lab of Ornithology, alla rivista Scientific American. Un algoritmo può infatti sostituire comodamente il lavoro di seicento scienziati. Grazie all’IA, scrive Nature, si è scoperto che sia gli elefanti della savana africana (Loxodonta africana) sia le scimmie marmosette comuni (Callithrix jacchus) attribuiscono nomi ai loro compagni.

Ma capire il canto delle balene, che si propaga per decine di miglia sotto il mare, potrebbe aprire nuove prospettive e ricordarci che l’80 per cento delle specie viventi sulla Terra vive negli Oceani. Un patrimonio da preservare.

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