06.06.2025
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Politics

«Italia non esclusa dai negoziati sull’Ucraina. Liti con Macron? Panna montata»


Sembrava un nuovo sgarbo diplomatico all’Italia. Un’esclusione dal tavolo dei negoziati da cui potrebbe dipendere il futuro dell’Ucraina, quello di lunedì a Istanbul. Un incontro al quale – se Kiev confermerà la propria partecipazione – per l’Europa ci sarebbero state solo Francia, Germania, Regno Unito. Almeno è questo il formato “ristretto” dell’incontro annunciato in un primo momento dall’inviato speciale Usa a Kiev, Keith Kellogg. La notizia viene battuta dalle agenzie di stampa mentre Giorgia Meloni si trova ad Astana, in mezzo ai fiori e ai marmi bianchi del palazzo dell’Indipendenza della capitale kazaka, tra edifici futuristici e vecchi casermoni di epoca sovietica. È circondata dai cinque leader dei paesi centrasiatici, la premier: Kazakistan, Uzbekistan, Tagikistan, Turkmenistan e Kirghizistan. Impegnata in un lungo susseguirsi di interventi che suggellano la volontà di collaborare su energia, petrolio, materiali rari e molti altri settori. E che alla fine del viaggio in Asia centrale, fruttano all’esecutivo intese per oltre 7 miliardi di euro, di cui «quasi 5» solo in Kazakistan.

LA CALL

Ma ecco la dichiarazione di Kellogg. Con l’Italia che sulle prime pare lasciata ai margini. Un’estromissione? O una semplice disattenzione dell’inviato speciale di Donald Trump, il leader con cui Meloni più si è spesa per accreditarsi come interlocutrice numero uno al di qua dell’Oceano? Il rischio, in altre parole, è quello di una riedizione della foto del vertice dei “volenterosi” di Tirana di due settimane fa. Con Macron, Starmer e Merz, ma senza la leader italiana. E per quanto a Palazzo Chigi ripetano che le foto «non contano» – e pur considerando che l’incontro di lunedì avverrà soltanto a livello di delegazioni diplomatiche e non di leader –, è un’immagine che nessuno vorrebbe riproporre. Non così a stretto giro.

Così quando la premier riemerge dal summit Asia centrale-Italia che l’ha tenuta impegnata per ore, è quella la prima domanda che le viene rivolta dai cronisti. «Non la considero un’esclusione dell’Italia», ribatte però Meloni, soffermandosi per pochi minuti nell’immenso atrio del palazzo a vetri attorniato da blindati e guardie armate («devo sbrigarmi – la premessa – ho cinque presidenti che mi aspettano…»). Nessun allarme: «Ci sono nazioni che sulla loro capacità di impegnarsi, anche per eventuali iniziative all’indomani di un cessate il fuoco, hanno fatto passi in avanti molto rilevanti», argomenta Meloni. Il riferimento è alla Francia di Macron, e alla disponibilità del presidente francese di inviare truppe in Ucraina. Idea su cui Roma ha sempre chiuso la porta. In ogni caso «fare sempre finta che l’Italia non conta niente, non lo condivido». Nel frattempo però la premier viene raggiunta dai membri dello staff. Che la ragguagliano sugli ultimi sviluppi internazionali. Del resto lo scenario è in «evoluzione» di minuto in minuto. E anche l’Italia, viene precisato, è coinvolta. Con una call a livello diplomatico, la seconda nel giro di due giorni, già fissata in agenda per la serata di ieri, subito dopo la partenza da Astana. A collegarsi rappresentanti delle diplomazie ucraine, francesi, tedesche, inglesi e italianie. A rispondere per Roma, dall’aereo di Stato di ritorno in Italia, il consigliere diplomatico della premier, Fabrizio Saggio. Insomma: nessuna esclusione. Se i negoziati lunedì a Istanbul si apriranno, chiariscono da Palazzo Chigi, l’Italia sarà al tavolo, con gli altri Paesi leader dell’Ue.

PANNA MONTATA

E dunque insieme a Parigi, con cui nelle scorse settimane non sono mancate polemiche e frecciate reciproche. Per Meloni però non è una questione di rapporti personali con Macron, che martedì incontrerà la premier nella Capitale. «Come si dice a Roma, vedo montare molta panna su questo. L’Italia e la Francia – scandisce l’inquilina di Chigi – sono amiche e alleate: abbiamo posizioni convergenti su molti dossier e divergenze su altri. Ma non ci sono contrapposizioni». E se «a volte i leader discutono», ciò «non compromette le relazioni tra i due Paesi». Possibile che con il presidente francese ci sia tempo anche per un confronto sui dazi. Materia su cui regna l’incertezza, dopo lo stop della Suprema corte degli Usa alle tariffe trumpiane. La premier non entra nello specifico ma si dice fiduciosa che «tutti comprendano la necessità di trovare un accordo»: meglio se «di cornice», per «poi scendere nel dettaglio» successivamente, a dialogo già avviato. Bisogna «favorire una maggiore comprensione» tra le due sponde dell’Atlantico, osserva Meloni, e seppure per ora non si vedano sviluppi – e Bruxelles adotti un approccio che invece sembra voler definire proprio i dettagli – «non posso dire che l’Europa stia perdendo tempo».

Intanto, in attesa dei vertici di Roma con Macron e di Istanbul a livello diplomatico, in cascina si mettono le intese siglate tra Samarcanda e Astana. Quelle nella capitale kazaka pesano per «quasi 5 miliardi di euro», spiega Meloni. A siglarle diverse aziende tricolori: Maire, Ansaldo Energia, Cdp, Sace.

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