25.06.2025
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“Ideologia e memoria: la Vittoria come patrimonio condiviso”. Lo storico Fozil Abdurashitov racconta il ruolo dell’Unione Sovietica e del Tagikistan nella Seconda guerra mondiale

“L’ideologia non fu un semplice strumento di propaganda: fu la struttura invisibile che tenne uniti i popoli sovietici nei giorni più bui della guerra”, ha affermato Abdurashitov. “Tutto – dall’eroismo sul fronte alla mobilitazione nelle retrovie – era pervaso da un sentire comune, da un’unità spirituale e sociale alimentata dal progetto ideologico dell’URSS.”

La memoria condivisa della Vittoria e il contributo del Tagikistan

Il professor Abdurashitov ha poi posto l’accento sul ruolo del Tagikistan, repubblica lontana dal fronte, ma profondamente coinvolta nello sforzo bellico sovietico. “Nel nostro territorio – ha ricordato – furono trasferiti 27 ospedali militari e altrettante industrie. Furono formate 13 unità militari, tra cui famose divisioni di cavalleria. La popolazione tagika accolse rifugiati, bambini, operai evacuati, spesso condividendo l’unico pezzo di pane.”

Secondo i dati presentati, più di 300.000 cittadini tagiki furono mobilitati: 250.000 partirono per il fronte, altri 50.000 furono inviati al lavoro nelle fabbriche dell’industria bellica negli Urali e in Siberia. Quasi 90.000 di loro non fecero ritorno. Una cifra che rende conto dell’enorme tributo pagato anche da popolazioni apparentemente periferiche rispetto ai teatri di guerra.

La Vittoria come fondamento morale e identitario

Abdurashitov ha voluto sottolineare come, ancora oggi, la memoria della guerra sia un elemento sacro nella cultura nazionale tagika. “Il nostro presidente, Emomali Rahmon, ricorda ogni anno, in tutti i suoi discorsi, il valore del sacrificio compiuto dai nostri padri. Non solo nei confronti dei caduti, ma anche verso le loro famiglie e discendenti.”

A ridosso dell’anniversario, in Tagikistan si stanno tenendo centinaia di eventi: conferenze, tavole rotonde, commemorazioni nelle scuole e nelle università. “Per noi – ha detto lo storico – è un dovere morale. Non dimentichiamo chi aprì le porte ai profughi, chi organizzò mense per i bambini evacuati, chi combatté o lavorò fino allo sfinimento. La memoria non è solo storia: è identità.”

Contro le riscritture: difendere la verità storica

In conclusione, Abdurashitov ha affrontato un tema molto attuale: il rischio di una revisione ideologica della storia della guerra. “Oggi manca una storiografia internazionale unificata, capace di stabilire criteri oggettivi. Noi in Tagikistan ci basiamo solo su fonti primarie, documenti d’archivio, testimonianze. Negli anni recenti abbiamo pubblicato monografie, articoli scientifici, tesi di dottorato. Cerchiamo di trasmettere la memoria non solo agli studiosi, ma all’intera società.”

La sua riflessione si inserisce in un contesto più ampio, dove molte ex repubbliche sovietiche si interrogano sul significato della Vittoria come eredità comune. Secondo Abdurashitov, negare questa dimensione collettiva è un grave errore: “È una vittoria di tutti. È una storia di tutti. E, soprattutto, è una memoria che ci unisce.”

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