08.06.2025
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Politics

Guerra Ucraina, Meloni rientra in partita con la sponda di Trump. E Macron resta spiazzato


«In 48 ore è cambiato il mondo, si è ribaltato tutto…». E’ quanto andava ripetendo ieri Giorgia Meloni ai suoi, dopo due giorni sull’ottovolante: dalla telefonata one-to-one con Donald Trump di sabato alle due call con i volenterosi e il Presidente Usa, passando per il vertice a Palazzo Chigi Ursula von der Leyen-J.D. Vance, con Meloni nel ruolo di direttore d’orchestra. Senza dimenticare l’esclusione della presidente del Consiglio dalla riunione di emergenza dei volenterosi venerdì a Tirana, con tanto di chiamata di Macron e gli altri al tycoon e lei fuori dalla stanza dei bottoni. A rimetterla in partita ci ha pensato lo stesso Trump, con cui la premier si è sentita al telefono sabato, dopo che tra lei e il presidente francese erano volati stracci. Rigorosamente a mezzo stampa.

Eppure, riferiscono fonti di primissimo livello, la premier con il presidente americano si sarebbe guardata bene dal tornare “sull’incidente” di Tirana. Centrale, nella telefonata con “l’amico Donald”, l’idea di spingere l’iniziativa della Santa Sede, ovvero ospitare i difficili negoziati Mosca-Kiev in Vaticano. Una opzione sul tavolo, avrebbe rimarcato con forza Meloni a Trump, che potrebbe favorire il processo di pace, una pace che i negoziati in Turchia non sono riusciti a centrare. E che pian piano fa breccia in “The Donald”, complice, forse, anche l’arrivo del primo Papa americano della Storia. «Good idea», ripeterà con convinzione il tycoon anche nella telefonata coi volenterosi che segue quella con Vladimir Putin, e che vede Meloni di nuovo nel giro di tavolo.

LA CALL DALLA SITUATION ROOM

Come lo era già stata nella call di domenica sera, all’indomani della telefonata con Trump. La presenza di Meloni in collegamento spiazza Macron, che sarebbe stato l’artefice dell’esclusione della premier italiana a Tirana, salvo poi, suo malgrado, ritrovarsela al tavolo virtuale con il tycoon. La chiamata partita dalla “situation room”, ufficialmente la John F. Kennedy Conference Room situata nei sotterranei della West Wing della Casa Bianca: Palazzo Chigi si collega prima dell’Eliseo, Macron trova Meloni collegata e resta di sasso. Ma manda giù il rospo.

«Il format è stato auspicato dagli americani e rispecchia anche il fatto che Giorgia Meloni ha un rapporto molto buono con il presidente Usa e può far valere la sua influenza», le parole del cancelliere Friederich Merz prima della seconda call Usa-Ue, in cui il leader tedesco non esclude che potrebbe essere previsto un formato diverso, perché questi «format sono fluidi».

Eppure la presenza di «dear Giorgia» si conferma anche nella seconda videocall, dove lo “squillo” di Trump raggiunge — ed è una novità — la numero 1 della Commissione europea von der Leyen nonché il presidente finlandese Alexander Stubb, complice il confine che si estende per quasi 1.400 km con la Russia ma anche la passione in comune con “The Donald” per il golf. Dettagli, certo, ma che possono far la differenza ai tavoli che contano.

LA FEBBRE E IL GIRO DEL PALAZZO

Meloni ieri ha atteso la chiamata a Palazzo Chigi investita da una brutta influenza. Il termometro che sfiora 38: «ho tirato troppo la corda», si sfoga coi suoi prima di salire a bordo dell’auto blu, la scorta al seguito, per rispondere alla telefonata di Trump da casa. Ma ecco che, lasciata alle spalle via dell’impresa, viene raggiunta dall’ufficio diplomatico: la call sta per iniziare. Inversione di marcia, si torna a Palazzo. Nella tavola rotonda si parla dell’opportunità di riprendere i negoziati in Vaticano. Un’opzione sul tavolo che renderebbe di nuovo Roma una pedina decisiva sullo scacchiere dove si gioca da più di tre anni l’interminabile partita della guerra. «Con buona pace di Macron», scherzano i fedelissimi della premier, gongolando per la ritrovata centralità di Meloni. Avvalorata anche dalla presenza di von der Leyen nella call con i volenterosi: «Guarda caso il telefono a Palazzo Berlaymont è squillato all’indomani del vertice con Vance a Chigi», rimarcano esponenti di governo di peso in quota Fdi.

Già nelle prossime ore Meloni attiverà i canali con la Santa Sede: «l’Italia è pronta a fare la sua parte per facilitare i contatti e lavorare per la pace», mette nero su bianco una nota di Palazzo Chigi arrivata a stretto giro dalla conclusione della call di Trump con i volenterosi. Sentirà Papa Prevost o il segretario di Stato Vaticano Pietro Parolin? Non è dato sapere. «E’ troppo delicata — risponde a chi le chiede un nome — meglio tenere le carte coperte: in gioco c’è la pace». E il ruolo di Roma.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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