25.05.2025
12 Street, Rome City, Italy
Politics

summit sulla ricostruzione con negoziati già avviati


Giorgia Meloni accelera, lasciandosi alle spalle gli inciampi delle ultime settimane. Dalla mancato foto tra le navate di San Pietro all’assenza sul treno per Kiev e nella riunione dei volenterosi a Tirana: tutti «bug» finiti nel mirino delle opposizioni. Rientrata in pista grazie alla mano tesa di Donald Trump, la premier si pone ora saldamente alla guida della partita per la pace. Che può giocare grazie al ruolo della Santa Sede, possibile teatro dei negoziati tra Mosca e Kiev. Meloni, dopo aver incassato lo sgambetto di Emmanuel Macron — con tanto di affondo a mezzo stampa — avoca a sé il ruolo da protagonista. E quella parte da «pontiera» tra Usa e Ue su cui lavora da ancor prima che Trump riconquistasse la Casa Bianca, quando la vittoria del repubblicano era ormai nell’aria. Se a Tirana, nelle ore amare in cui era rimasta fuori dalla stanza dei bottoni, aveva virato sulla partita dei dazi consapevole che il giorno dopo sarebbe riuscita nel faccia a faccia tra J.D. Vance e Ursula von der Leyen, dopo la chiamata con Trump di sabato scorso la presidente del Consiglio ha maturato che anche sul tavolo del conflitto ucraino poteva avere voce in capitolo. Una convinzione nata dal manifesto interesse del tycoon per le trattative da condurre in Santa Sede, complice l’arrivo al soglio di Pietro del primo pontefice americano della Storia.

I TIMORI

Far combaciare ora i tasselli per mettere insieme il puzzle è davvero dura. Soprattutto, il timore che serpeggia, è che Putin faccia saltare il banco, diffidando da un teatro di trattative che vede il pontefice vicino alla «martoriata Ucraina», per la quale non ha esitato a invocare una pace «giusta e duratura», dando subito la cifra del suo pontificato. Ma «dire no al Papa non è semplice, la carta della Santa Sede ha un valore simbolico altissimo, per lo zar sarebbe davvero complicato sfilarsi», ragionano fonti diplomatiche. Meloni ci spera, consapevole dello snodo decisivo. Con Roma pronta a giocare un ruolo da protagonista, complice anche una serie di incroci fortuiti in agenda. Il 10 e 11 luglio è infatti in programma la Conferenza internazionale per la ricostruzione dell’Ucraina. Si tratta della quarta “Ukraine Recovery Conference” dal 2022 a oggi, dopo Lugano, Londra e Berlino. Ma celebrarla con la pace siglata o quanto meno vicina sarebbe tutta un’altra storia. Con un Paese da ricostruire e la possibilità concreta di poterlo fare.

L’APPUNTAMENTO DI LUGLIO

A Roma sono attesi oltre tremila partecipanti da più di novanta Paesi e decine di organizzazioni internazionali. Oltre che centinaia tra aziende, comunità locali e organizzazioni della società civile. E i leader, naturalmente, per un vertice che raccoglierà capi di Stato e di governo: ad aprire i lavori saranno Meloni, Zelensky e Ursula von der Leyen. Sotto traccia la possibilità che a Fiumicino atterri anche l’Air Force One con Trump a bordo. Per parlare di ricostruzione, certo, ma la speranza di queste ore e di poterlo fare con la pace sul tavolo.

I negoziati potrebbero partire già la settimana prossima: il pontefice avrebbe confermato a Meloni la piena disponibilità, la volontà di dare tutto per una «pace giusta e duratura». Ora la palla è all’altra metà di campo, quando Trump — che Meloni sentirà in queste ore — chiamerà Putin per stringere, per sondare le reali intenzioni dello zar di avviare i colloqui con Kiev. E lì tornare a tirare le somme con i volenterosi. Perché se è vero che la premier è tornata in partita, altrettanto vero è che l’Europa è uscita dall’angolo in cui l’America di Donald Trump l’aveva costretta, lasciandola fuori dai negoziati della prima ora in Arabia Saudita. Si volta pagina e la speranza è che Roma diventi teatro di un lieto fine.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Leave feedback about this

  • Quality
  • Price
  • Service
[an error occurred while processing the directive]