All’epoca del delitto di Chiara Poggi, Stefania Cappa ed Emanuele Arioldi, figlio di Annina Rizzoli, erede della storica famiglia di editori e di Roberto Arioldi, uno dei più importanti campioni italiani di equitazione, erano solo amici. Si frequentavano sporadicamente. Eppure proprio la mattina del delitto, il 13 agosto 2007, erano insieme. E’ proprio Emanuele Arioldi, per tutti Lele, diventato oggi suo marito e padre dei suoi due figli, a confermare l’alibi di Stefania.
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La piscina e l’alibi
«Quella mattina — dichiarò all’epoca Stefania — non mi sono recata dalla Chiara: avevamo appuntamento alle 16. Dalle 7 alle 9.20 ho studiato Diritto penale e dalle 9.30 alle 10.15 sono stata al telefono con la mia amica Lucrezia (Lucrezia conferma, ndr). Ho ripreso a studiare fino alle 11.30, ho pranzato e sono andata in piscina, alle Rotonde, sino alle 15 con il mio amico Emanuele (l’uomo che sarebbe diventato suo marito) su invito via sms». Ma era davvero lì? A confermare l’uscita è solo lui. Lei dice di esserci andata dopo pranzo, lui di averla trovata lì già alle 13. Eppure nessuno, né allora né dopo, ha mai verificato gli accessi o ascoltato il gestore dell’impianto.
Il racconto dell’ex collega
Un alibi che ha retto per 18 anni fino a quando oggi qualcuno ha scelto di rompere quel silenzio. Una donna – ex volontaria della Croce Garlaschese – ha raccontato al settimanale Giallo i giorni che precedettero l’omicidio. Con lei, tra barelle e ambulanze, c’era anche la volontaria Stefania Cappa, cugina di Chiara. Il 13 agosto, giorno del delitto, anche lei doveva andare in piscina con Stefania. Ma le cose andarono diversamente: «Non ci andai, il tempo era brutto. Stefania ci andò davvero? Mi sembra strano. Con il brutto tempo, le piscine chiudono». Una frase, detta così, quasi per caso. Ma che potrebbe aprire una crepa nella versione fornita da Stefania Cappa agli inquirenti nel 2007.
Chi è Emanuele Arioldi
Stefania ed Emanuele si conoscono fin da adolescenti. Lui, oltre a gestire la tenuta agricola di famiglia, il centro ippico La Loggia, è un atleta olimpico di equitazione, passione che ha ereditato dal papà e che condivide con Stefania, oggi avvocato (come il padre) ma anche giudice sportivo di due federazioni del Coni.
Le nozze da sogno su Vanity Fair
Nel 2017, ovvero 10 anni dopo il delitto di Garlasco, Stefania ed Emanuele convolano a nozze. Il loro è un matrimonio da sogno, tanto da finire sulle pagine di Vanity Fair. Il 2 settembre di quell’anno si sposano a Cassano D’Adda, nella parrocchia di S. Maria Immacolata e San Zeno. Lui arriva in sella al suo cavallo Reggae de la Roque, lei lo raggiunge con qualche minuto di ritardo. Stefania indossava un abito bianco firmato Pronovias. Il ricevimento si tiene a Villa Borromeo tra candele bianche, alla presenza di cento invitati, tra cui l’attrice (oggi scomparsa) Eleonora Giorgi e il primo dei suoi due figli, Andrea Rizzoli, cugino di Emanuele.
La vita lontano dai riflettori
Emanuele Arioldi ha seguito le orme paterne nel mondo dell’equitazione, distinguendosi come cavaliere e partecipando a competizioni nazionali. La sua figura, tuttavia, è rimasta sempre piuttosto riservata rispetto a quella del padre. Dopo il matrimonio con Stefania Cappa, la coppia ha scelto di vivere lontano dai riflettori, dedicandosi alle rispettive carriere: Stefania è oggi avvocata, specializzata in diritto sportivo, mentre Emanuele continua a occuparsi di equitazione e delle attività di famiglia.
L’arma del delitto di Garlasco e quel testimone che ritrattò
Ma perché si è tornati a parlare di Stefania Cappa, che comunque non è mai stata indagata? Qualche giorno fa, nel canale di Tromello, dietro la casa di famiglia dei Cappa, è stato ritrovato un martello. Ancora non si sa se sia compatibile con il «martello a coda a rondine» di cui il 13 agosto 2007, giorno dell’omicidio di Chiara, i Poggi denunciarono la scomparsa. Ma come si è arrivati al canale di Tromello? Di mezzo ci sono una testimonianza vecchia e già considerata inattendibile. E una nuova che va verificata. Il tecnico del gas Marco Demontis Muschitta ha raccontato di aver visto quel giorno una ragazza bionda uscire in bicicletta da via Pascoli con in mano un attizzatoio. Chiamando in causa proprio Stefania Cappa. Poi ha detto di essersi inventato tutto. Ed è stato denunciato (e successivamente assolto) per calunnia.
Il martello, l’attizzatoio, il supertestimone
Ma di testimone ora ce n’è un altro. Che però riferisce parole sentite da qualcun altro. Nello specifico, da una persona nel frattempo deceduta e in compagnia di un’altra persona, anch’essa morta. Questo gli avrebbe raccontato di aver visto ancora una volta Stefania Cappa arrivare a Tromello con una borsa molto pesante. Poi la ragazza avrebbe chiesto a un vicino le chiavi della casa di famiglia. Infine, il testimone avrebbe sentito un tonfo. Come quello di un oggetto molto pesante gettato in acqua. Ora la Procura di Pavia, guidata da Fabio Napoleone con l’aggiunto Stefano Civardi e il pm Valentina De Stefano, dovrà vagliare la credibilità delle vecchie e delle nuove testimonianze, che comunque non concordano.
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