«Forte irritazione» per l’iniziativa francese che punta ad attrarre ricercatori in fuga dagli atenei americani scossi dalla nuova era trumpiana. Dice la ministra dell’Università, Anna Maria Bernini: «Mentre gli altri annunciano, l’Italia ha già agito». Il riferimento è un bando del 7 aprile da 50 milioni di euro per convincere ricercatori, già impegnati in altri Paesi (dunque non solo negli Stati Uniti perché a Roma non piace la crociata anti Trump di Macron), a scegliere le università italiane sulla base di progetti di ricerca specifici. E l’Ue? La presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha annunciato: «L’Unione europea proporrà un nuovo pacchetto di 500 milioni di euro per il periodo 2025-2027 per fare dell’Europa una calamita per i ricercatori. Intendiamo portare gli investimenti in ricerca e sviluppo al 3% del Pil, a medio-lungo termine, entro il 2030».
Il problema per l’Italia non è questa decisione della commissione, ma la sede in cui è stata presentata. A Parigi, il presidente francese Emmanuel Macron ha organizzato una conferenza con l’obiettivo di attrarre i ricercatori che desiderano abbandonare gli Stati Uniti a causa delle politiche dall’amministrazione Trump. Irrita lo slogan scelto per l’iniziativa di Macron: «Choose Europe, choose France». Dunque scegliete l’Europa, ma soprattutto scegliete la Francia. Successivamente questo titolo è stato modificato, anche perché a non partecipare non è stata soltanto la ministra italiana, ma anche rappresentanti di altri Paesi. C’era, d’intesa con il Ministero, l’ambasciatrice italiana che ha spiegato quanto l’Italia sta già facendo «per favorire il rientro dei talenti del nostro Paese» e ha aggiunto che il Consiglio Competitività e Ricerca, in programma il 23 maggio a Bruxelles, «sarà l’occasione ideale e il formato istituzionale più appropriato per un confronto efficace tra Stati membri e per definire insieme, e non solo in ottica prevalentemente nazionale, politiche comuni concrete, sostenibili e lungimiranti».
Macron ha dato un taglio all’iniziativa decisamente anti Trump e anche questo non è piaciuto a Roma. Ha detto il presidente francese riferendosi agli Stati Uniti: «Non dobbiamo sminuire la posta in gioco oggi. Nessuno avrebbe potuto immaginare, qualche anno fa, che una delle più grandi democrazie del mondo avrebbe abolito i programmi di ricerca con la scusa che nei suoi programmi era presente la parola «diversità». Nessuno avrebbe potuto immaginare che una delle più grandi democrazie del mondo potesse, in un colpo solo, cancellare la possibilità di ottenere un visto per un ricercatore. Di fronte alle minacce, l’Europa deve diventare un rifugio». Macron ha aggiunto che la Francia stanzierà altri 100 milioni per attirare cervelli.
SCONTRO
Ricapitolando: la nuova fase che stanno vivendo gli Stati Uniti oggettivamente sta producendo dei cambiamenti nei campus americani. A questo si aggiunge la stretta sui visti rilasciati a studenti e ricercatori stranieri. Macron si mobilita perché l’Europa approfitti di questa situazione, ma poi — osserva il governo italiano — organizza un’iniziativa in cui promuove maggiormente la Francia, tentando di oscurare gli altri paesi. Infine, la chiave anti trumpiana del convegno svoltosi alla Sorbona rappresenta un problema. Per la verità, anche la Commissione europea è intervenuta per porre alcuni paletti. Il portavoce aggiunto della Commissione europea, Stefan De Keersmaecker, ha precisato parlando dell’intervento di Ursula von der Leyen alla Sorbona: «È un discorso sulla scienza, sul ruolo che la scienza svolge nell’Unione Europea, sul ruolo che la scienza ha sempre avuto nella storia di questa unione e sul ruolo fondamentale che ha per la nostra economia, la nostra società e la nostra cultura. Quindi non riguarda la scienza in altri Paesi».
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