Un incarico sfumato e il mistero dei 101. Pier Luigi Bersani torna a parlare del 2013 in un intervista al Corriere della Sera. Rievoca l’anno in cui, dopo aver “non vinto” le elezioni, lasciò anche l’incarico da segretario del Partito democratico. Un addio segnato dal fallimento dell’elezione di Romano Prodi al Quirinale, affossata dai famosi 101 franchi tiratori interni al Pd. Un rebus politico ancora oggi irrisolto: dopo l’acclamazione di Romano Prodi come “candidato forte”, i dem si trovarono dinnanzi ad un centinaio di voti mancanti che vanificarono l’occasione.
Davanti ad un partito che aveva bruciato due candidati ufficiali consecutivi, prima Marini e poi Prodi, Bersani decide di farsi da parte.
I responsabili di quel tradimento restano ancora in parte ignoti, ma l’ex segretario del Nazareno afferma: «Di settantuno-settantadue conosco l’identità. Ma è tempo perso chiedermi i nomi». Tra di loro, non c’erano solo i “renziani” ma anche «Quelli che volevano far fuori Prodi e Quelli che volevano far fuori me». Alcuni di loro, racconta, si fecero avanti dopo le sue dimissioni «Qualcuno me l’ha confessato, in qualche caso anche piangendo. Molti di quelli che presero questa decisione nel segreto dell’urna non avevano un disegno politico. Era gente alla prima elezione, spaventata per il clima che si respirava fuori; non dimentichiamo che quei giorni vennero pesantemente condizionati dal clima alimentato dai social network…».
Per Bersani il rimpianto per il mancato incarico di governo non ha a che fare con ambizioni personali, ma con il programma che aveva già in mente. E aggiunge un dettaglio inedito «La prima su tutte. Alla vigilia della prima riunione di governo, avrei fatto trapelare ai giornali che ci sarebbe stato un giro di tavolo per conoscersi meglio, nulla di diverso da quello che si faceva di solito. In realtà, avevo già deciso che avrei sottoposto al Consiglio dei ministri l’approvazione di un decreto legge sullo ius soli».
Un progetto che prevedeva un dialogo con il Movimento 5 Stelle, forza emergente in quel periodo. Un’alleanza che non si realizzò. L’ex segretario di Bettola dichiara che non ha mai pensato di convincerli, «Ma io rispettavo il loro convincimento di non volersi mescolare. Chiedevo solo di mettermi alla prova. E credo ancora che la famosa riunione in streaming l’abbia chiarito». Bersani non aveva solo il programma pronto ma anche la sua ipotetica squadra di governo. Al Corriere rivela che aveva in mente Stefano Rodotà come ministro dell’Interno.
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