L’allentamento ai dazi sulle auto annunciato da Donald Trump potrebbe non bastare a risollevare l’industria dell’auto europea. Complice la bassa domanda di nuovi modelli, quasi tutte le maggiori case del Vecchio Continente hanno aperto il 2025 con i conti in rosso. Cioè nel periodo precedente all’attivazione delle nuove tariffe commerciali. Mentre l’Acea ha sottolineato che da questo trend non si è salvata neppure la produzione di veicoli commerciali, segmento in crescita anche durante gli anni di crisi: le immatricolazioni di furgoni sono calate del 12,2 per cento, quelle dei camion del 16 e gli autobus dell’1,8.
In questo scenario Stellantis e Mercedes hanno congelato le loro previsioni finanziarie per l’anno in corso. Volkswagen va avanti nel progetto di trasferire in America parte della produzione di Audi, mentre Bmw si muove in direzione opposta: è pronta a tagliare il numero di modelli assemblati negli Usa. Aston Martin ha addirittura deciso di ridurre il numero di suoi modelli da esportare negli Stati Uniti. Soprattutto, come detto, il settore fa i conti con crollo degli utili nel primo trimestre: Stellantis ha visto scendere i ricavi del 14 per cento, Volkswagen ha registrato minori utili del 40,6 per cento, Mercedes Benz segna una diminuzione dei profitti del 7 per cento. Numeri, che dimostrano quanto l’incertezza americana penalizzi soprattutto il segmento di lusso.
LO SCENARIO
Non a caso ieri Doug Ostermann, lo chief financial officer di Stellantis, presentando i conti agli analisti, sottolineava: «Ora ci concentriamo sull’esecuzione della strategia, cioè sulle cose che possiamo controllare in un contesto molto turbolento». Una strategia comune a tutto il settore, visto che è finita l’era del taglio dei costi con l’accetta come avvenuto per Stellantis durante gli anni di Carlos Tavares: adesso si guarda a una maggiore produzione e lancio di modelli ibridi e a un utilizzo, dove serve ed è possibile, di ammortizzatori sociali. Per esempio l’azienda ieri ha comunicato un prolungamento della cassa integrazione nei siti di Atessa e di Cassino. Parallelamente va avanti la caccia al nuovo ceo — sarà annunciato a giugno — mentre ieri l’assemblea degli azionisti ha approvato un dividendo ordinario di 0,68 euro per azione, da corrispondere il 5 maggio 2025.
Come detto, il gruppo nato dalla fusione tra FiatChrysler e Psa ha sospeso per l’anno 2025 la guidance, cioè le stime di crescita, in attesa di comprendere l’effetto dei dazi. L’ultima versione annunciata dalla Casa Bianca prevede sulle auto importate un balzello del 25 per cento, ma blocca ulteriori tariffe ai costruttori su acciaio o componentistica. L’American Automotive Policy Council — l’associazione che raccoglie Ford Motor, General Motors e Stellantis — plaude all’alleggerimento dell’amministrazione che evita le cosiddette tariffe multiple. E — con John Elkann in testa — si dicono «impegnate a collaborare con il presidente Trump e la sua amministrazione per promuovere politiche che rafforzino la produzione automobilistica statunitense e sostengano i posti di lavoro americani».
Stellantis ha fatto notare che i numeri in forte calo — ricavi netti pari a 35,8 miliardi di euro in calo del 14 per cento e consegne consolidate in calo del 9 — sono legati a «minori volumi di consegne, nonché di un mix e di prezzi sfavorevoli». E riflettono «la minore produzione in Nord America», dovuta al prolungamento delle festività» come il rallentamento dei veicoli commerciali in Europa. Intanto a marzo 2025 la quota di mercato sale al 17,3 per cento, in America i nuovi ordini sono cresciuti dell’82 per cento rispetto all’anno scorso, mentre il gruppo si conferma leader in Sud America.
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