«L’idea che Donald Trump voglia comprare la Groenlandia mi spaventa. Noi americani dovremmo scusarci con il mondo». Sorridente, cortese ma sempre schietto, in collegamento via Zoom dagli Stati Uniti, il 77enne giornalista e divulgatore scientifico David Quammen è divenuto celebre con il saggio Spillover spiegando al mondo intero il fenomeno del salto del virus dalle specie animali agli umani e dopo Senza respiro, è tornato in libreria con Il cuore selvaggio della natura (Adelphi), un ricchissimo libro-reportage che spazza via il più radicato dei pregiudizi: «La natura non vuole ucciderci ma si evolve, anche attraverso i virus». Martedì 8 aprile si inaugurerà la ventesima edizione del Festival delle Scienze di Roma (in programma sino al 13 aprile presso l’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone), intitolata «Corpi» e inaugurata proprio da David Quammen che dialogherà con Marco Cattaneo (8 aprile, ore 19), direttore di Le Scienze e National Geographic Italia: «Il nostro dovere come specie? Proteggere il cuore selvaggio della natura».
L’America impone i dazi e sugli scaffali dei suoi supermercati sono scomparse le uova. Che succede?
«Tutta colpa dell’influenza aviaria, un virus altamente contagioso che sta dimostrando una straordinaria capacità di infettare vari tipi di animali, non solo uccelli, ma anche mammiferi, e ovviamente, gli esseri umani»
Ci sono casi di contagio con l’uomo?
«Al momento sono pochi e non sono gravi.
Sino a dieci, quindici anni fa, se questo ceppo di aviaria colpiva l’uomo, lo uccideva. Oggi è più mite, non sappiamo perché ma ha già contagiato milioni di uccelli selvatici e domestici in tutto il mondo. Ciò significa che le migliaia di esseri umani che lavorano nell’industria del pollame, possono essere contagiati e in tal modo, il virus ha miliardi di opportunità di replicarsi».
Nei suoi libri racconta l’evoluzione del COVID-19, della SARS-CoV-2 e di ebola. Quammen, la natura sta cercando di ucciderci?
«No, la natura segue le leggi darwiniane».
Ovvero?
«Ogni creatura vivente obbedisce a tre imperativi. Uno, replicarsi e creare il maggior numero possibile di copie di sé stessa; due, diffondersi e colonizzare l’habitat più esteso possibile; tre, fare di tutto per evitare l’estinzione. Tutte le specie viventi seguono questa via, compresi gli esseri umani, i ratti, le farfalle e ovviamente, i virus che usano l’umanità per diffondersi. Siamo otto miliardi di individui, non c’è modo più efficace per volare dalla Cina all’Europa in un giorno».
Il suo evento romano aprirà il Festival delle Scienze a Roma. Oggi il suo lavoro di divulgatore è più semplice o più arduo?
«Molto più complicato. Chiunque si occupi di scienza deve sincerarsi dell’accuratezza dei fatti e delle fonti. Nel frattempo, sui social media circolano fake-news e storie assurde create di sana pianta da persone che vogliono acchiappare click con la spazzatura, facendo della pseudoscienza».
Ad esempio?
«Chiunque faccia seriamente questo lavoro sa che c’è chi si inventa bufale sui vaccini che causano l’autismo, o sulla provenienza del coronavirus. Queste narrazioni intasano i social e sono pericolosissime. Sì, oggi il mio lavoro è più difficile ma è una sfida che accetto a testa alta».
Quammen, cos’è il cuore selvaggio della natura?
«Quando ero ragazzo, la mia famiglia viveva in una vecchia casa ai margini di una città dell’Ohio meridionale e subito oltre lo steccato, c’era una foresta. Ogni giorno ci andavo a giocare, ammaliato da insetti, serpenti e salamandre. Era una piccola foresta ma fra quegli alberi ho sentito per la prima volta il battito della natura e quando sono arrivati i bulldozer per costruire nuove case, ho capito che tocca a noi tutti proteggere l’ecosistema, ne dobbiamo avere cura perché è la fonte della vita».
L’Unione Europea ha creato un kit per sopravvivere in caso di guerra. Cosa ne pensa?
«Non lo sapevo, è spaventoso ma dobbiamo aprire gli occhi. Se parliamo di un conflitto atomico, temo che 72 ore non siano sufficienti per mettersi al riparo dalle radiazioni. Ma se parliamo di Gaza o Kiev, in quel kit metterei certamente delle medicine di pronto soccorso e pillole per rendere l’acqua potabile».
Le guerre del futuro scoppieranno per il possesso dei bacini idrici?
«Sì, l’acqua diventerà l’oro del futuro perché è limitata mentre noi siamo sempre di più. Ci sono fiumi molto importanti che attraversano i confini nazionali, cosa accadrebbe se qualcuno decidesse di arginare un fiume, magari in Turchia, come la prenderebbero i paesi limitrofi?».
Oggi l’aviaria è la minaccia più seria?
«Sì, l’aviaria è in cima alla lista dei pericoli ma non è l’unica».
Ma dopo pandemia e i lockdown globali siamo preparati?
«Abbiamo sviluppato nuove tecnologie per i vaccini che sono state determinanti contro il Covid ma la gente non vuole sentir parlare di una possibile pandemia e in tutto il mondo si tagliano le spese sulla ricerca. Questo atteggiamento può essere disastroso».
Sta scrivendo un nuovo libro?
«Lo sto terminando, uscirà l’anno prossimo. Sono stato in Tasmania, un posto selvaggio e magnifico, studiando una forma rarissima di cancro contagioso che sta sterminando il Diavolo della Tasmania. La natura non si ferma mai».
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