15.05.2025
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Economy

Dazi, Trump fa scivolare i titoli dell’auto. E ora si teme per l’export made in Italy


Il presidente eletto degli Stati Uniti Donald Trump come promesso annuncia che imporrà nuovi dazi sulle importazioni da Messico, Canada e Cina. La minaccia ieri ha affondato in Borsa i titoli delle case auto, che producono molto in Messico, e indebolito ulteriormente l’euro nel cambio con il dollaro. Ma soprattutto ha riacceso i timori per l’impatto che le tariffe potrebbero avere anche sull’industria europea e sui prodotti del made in Italy.

L’ANNUNCIO

«La mia parola preferita è dazi, è probabilmente quella che amo di più nel dizionario», aveva del resto proclamato durante la campagna elettorale Trump, aggiungendo di voler imporre tariffe tra il 10 e il 20% su tutti i prodotti in arrivo negli Stati Uniti, con un’aliquota ancora più penalizzante per la Cina.

«A noi non piace la guerra sui dazi perché ovviamente siamo un paese esportatore: l’Italia esporta 626 miliardi, poi noi abbiamo un saldo positivo come Europa verso gli Stati Uniti di più 157 miliardi, dove ne fa 42 l’Italia, quindi è ovvio che non ci piace che ci possano incrementare i dazi», ha ripetuto in questi giorni il presidente della Confindustria, Emanuele Orsini.

I balzelli annunciati da Trump «peseranno sulle prospettive di crescita di tutti i paesi», si legge nell’Outlook 2025 realizzato da Assiom Forex, l’associazione degli operatori dei mercati finanziari. Secondo l’analisi, l’imposizione di nuovi dazi statunitensi del 10% sui prodotti europei potrebbe ridurre il Pil di Eurolandia di circa l’1%.

Le parole del presidente eletto intanto mettono in agitazione gli investitori, con il settore dell’auto che arretra sulle Borse di tutto il mondo. A Milano scivolano soprattutto Stellantis (-4,6%) e Pirelli (-4%) ma va male anche Ferrari (-1,4%).

Per la casa automobilistica nata dalla fusione fra Fiat Chrysler e la francese Psa il Messico è il primo Paese di esportazione di veicoli verso gli Stati Uniti (quasi 400mila). Pirelli invece nel Paese a sud degli Usa ha un grande stabilimento produttivo, che serve sia il mercato domestico che quello americano. E le vendite in Nord America valgono per circa un quarto del totale del gruppo delle gomme.

Sarà da vedere poi se i nuovi dazi verranno effettivamente imposti quando il nuovo presidente si insedierà alla Casa Bianca il 20 gennaio prossimo. Ma certamente per il made in Italy agroalimentare, soprattutto vini e formaggi, che ha negli Stati Uniti uno dei grandi mercati di sbocco, i timori sono alti. «È un nuovo campanello d’allarme per il nostro settore — commenta preoccupato Antonio Auricchio, presidente di Afidop, l’Associazione formaggi italiani Dop e Igp -. Ricordiamo che gli Usa sono il nostro primo mercato extra Ue. Un Paese strategico in particolare per Grana Padano, Parmigiano Reggiano e Pecorino Romano, che da soli, rappresentano l’80% dell’export italiano negli Stati Uniti. Nel 2020, in seguito ai dazi imposti da Trump, l’export dei formaggi italiani negli Usa — continua Auricchio — aveva perso oltre 6mila tonnellate, pari a 65 milioni di euro».

LA MANIFATTURA

A temere però non c’è solo l’alimentare. L’impatto di nuove tariffe potrebbe essere pesante per l’industria manifatturiera italiana che vende all’estero e quindi soprattutto per meccanica, moda e farmaceutica. Gli Usa sono uno dei più importanti partner della Penisola in termini commerciali e di investimenti e la seconda destinazione dell’export italiano (la prima fra i Paesi extraUe). Le vendite di prodotti italiani verso il mercato a stelle e strisce hanno superato gli 80 miliardi di dollari l’anno e l’imposizione di nuove tariffe potrebbe essere un grosso freno alla crescita delle esportazioni registrata negli ultimi anni.

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